[ESCLUSIVA] Davide Villa: “Il nostro obiettivo è di mantenere la categoria”

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Abbiamo avuto il piacere di intervistare Davide Villa, capo allenatore dell’Urania Milano, squadra che milita in Serie A2 nel girone verde.

Davide inizia ad allenare nel 2004 alla Forti e Liberi Monza come assistente dell’Under 16. L’anno dopo guida per la prima volta da capo allenatore l’Under 16 di Biassono. Nel 2006 arriva la chiamata dall’Aurora Desio dove resterà per dieci anni. Fino al 2010 collabora con coach Enrico Rocco con le squadre Under 15/17/19 d’Eccellenza ed è assistente in prima squadra in DNC di Rocco e di coach Antonio Tritto. Nella stagione 2009-2010 vince da capo allenatore il titolo regionale e approda alle finali nazionali con l’Under 19 d’Eccellenza. La stagione successiva allena l’Under 17 d’Eccellenza, mentre nel 2011-2012 anche l’Under 19. Nel 2012 arriva la promozione a capo allenatore della prima squadra desiana, dove centra le semifinali playoff l’anno successivo e perde la finale nel 2013-2014, ma salirà in Serie B per ripescaggio. Raggiunge anche la salvezza diretta e due finali nazionali con l’Under 17 e con l’Under 18. Dal 2017 è capo allenatore dell’Urania Milano prima in Serie B e dal 2019 in Serie A2 dove ha conquistato la promozione nella stagione precedente.

INTERVISTA

1 Quando hai iniziato la carriera da allenatore e dove?

“Ho iniziato ad allenare quasi per gioco e per passione nella società del mio paese, Biassono, e dopo aver finito il corso, l’allenatore che mi fece l’esame mi portò a Desio dove sono rimasto per 10 anni. Ho fatto tutta la trafila da assistente, poi da capo allenatore nel settore giovanile e a livello nazionale. A Desio, in quegli anni, raggiungevamo spesso le finali nazionali e poi loro mi hanno dato l’opportunità pressochè giovane, all’età di 27 anni, di allenare la prima squadra”

2 Nella stagione 2009-2010 hai vinto il titolo regionale con l’Under 19 d’Eccellenza dell’Aurora Desio raggiungendo le finali nazionali. Che ricordi hai?

“La stagione 2009-2010 credo sia la prima finale nazionale con i ’91/’92. È stato sicuramente un anno importante perché è stato probabilmente il primo piccolo traguardo. In ogni stagione non ho mai puntato gli occhi troppo in avanti, non ho mai pensato che vincere il campionato o andare alle finali nazionali potessero essere qualcosa che mi servisse per ottenere qualcosa gli anni successivi. Ho un grande ricordo e anche un pò di nostalgia perché lavorare nel mondo Senior è meraviglioso, mi piace tantissimo. Arrivare alle finali nazionali con questi gruppi di ragazzi, vivere le interzone, le finali nazionali e stare via giorni con loro; mi continuano a dare dei grandissimi ricordi e sono tutti ragazzi che ancora adesso incrocio molto volentieri perché abbiamo condiviso veramente tante emozioni”

3 Dopo 2 anni come capo allenatore in DNC sempre con Desio, nella stagione 2013-2014 è arrivata la promozione in Serie B per ripescaggio. Com’è stato poter giocare per la prima volta in un campionato Senior?

“È stato sicuramente un anno importante perché in quegli anni la DNC era un campionato tosto, cioè non era facile fare il salto di categoria. Noi l’affrontavamo con gran parte del roster formato da giocatori del nostro settore giovanile. I primi due anni non partimmo con l’idea di salire di categoria, ci provammo un pò l’anno dopo. Il fatto di essere saliti ci ha permesso di provare a confrontarci con un mondo che in quel momento era un pò il nostro obiettivo perché avevamo un settore giovanile che andava bene, produceva giocatori da DNC. Il nostro obiettivo era quello di fornire un palcoscenico più idoneo, più elevato. È stato un passo importante per la società e per me personalmente, perché solo dopo due anni in DNC ho potuto subito confrontarmi con gente più brava ancora e ti costringe per forza ad alzare l’asticella. Ho avuto la fortuna di fare questa esperienza in un posto che era “casa” mia, dove mi aiutavano a crescere. Era importante il risultato ma lo spirito era quello di far crescere me e i giocatori usciti dal nostro settore giovanile. Ovviamente ti rimane il rammarico di non aver vinto il campionato sul campo perché perdemmo la finale promozione in maniera, non dico inaspettata, perché eravamo contro una squadra forte, Borgosesia, che durante la regular season battemmo due volte e in gara-1 eravamo andati avanti di 20. Fu un escalation importante fare le semifinali il primo anno in DNC e le finali il secondo, poi la Serie B e ogni anno aggiungere un risultato poco migliore rispetto all’anno prima”

4 Dal 2017 sei head coach dell’Urania Milano e nella stagione 2018-2019 hai raggiunto la promozione in Serie A2. Raccontaci le emozioni che hai provato in quel momento.

“Tante perché, come dicevo prima, c’è differenza da dove ho affrontato i primi anni di Serie B in un posto che chiamavo “casa”. Le prime stagioni con l’Urania sono state un pò fuori da quello che era la mia “comfort zone”. Ci sono stati momenti diffcili ed è stata la prima volta per me dovergli affrontare lontano dall’ambiente che avevo vissuto fino a quel momento. La fortuna è stata quella di trovare persone che credevano in ciò che stavamo facendo e quindi hanno aiutato la squadra, lo staff a provare ad arrivare al risultato finale senza eccessive critiche costruttive che puntassero al risultato e non critiche distruttive che puntassero solo alla critica. Sono stati due anni tosti perché ho dovuto inizialmente imparare a considerare un nuovo posto come “casa” e adesso è così. Nel secondo anno, quando eravamo settimi e la promozione sembrava lontanissima, è stata una gioia grandissima perché l’hai dovuta sudare tantissimo. Abbiamo dovuto soffrire, essere tristi, abbattuti e rischiare di dover subire cambiamenti, di dover cambiare allenatore. Quando abbiamo raggiunto quel risultato finale, c’era la gioia e la gratificazione di tutto quello che avevamo passato. Mai avrei pensato nel momento in cui ho firmato per l’Urania che, in soli due anni, nonostante ci fossero grandi ambizioni, saremo stati lì a festeggiare quel momento. Ci credevo da gennaio, quando eravamo settimi ed ero convintissimo che quel gruppo alla lunga avrebbe vinto quel campionato”

5 Quest’anno è il tuo quinto anno con i Wildcats. Cosa ti aspetti da questa stagione?

“Ogni anno è sempre complicato, soprattutto da quando siamo in A2. In Serie B, avevamo allestito squadre importanti e poi ci siamo dovuti immergere in un campionato che per noi era nuovo ma che ogni anno conosciamo sempre meglio. L’affrontiamo prendendoci delle scommesse, dovendo ripartire da zero perché dobbiamo costruirci i nostri risultati. Quello che mi aspetto è che la squadra riesca, per prima cosa, a raggiungere il prima possibile il nostro traguardo che è quello di mantenere la categoria. Abbiamo provato sempre a livello individuale e anche a livello collettivo di alzare l’asticella, cercando di fare meglio dell’anno prima. Ovviamente se fai così diventa sempre più difficile farlo. L’anno scorso abbiamo fatto molto bene e quindi è molto complicato fare meglio dell’anno passato. L’obiettivo è quindi quello di provare a confermarci sempre passando da quello che è la sua costruzione. Il primo passo è quello di mantenere la categoria dopodiché il secondo passo sarà, una volta che abbiamo raggiunto il primo obiettivo, di provare a fare il meglio possibile”

6 Qual è la tua idea di pallacanestro e che rapporto hai con i giocatori?

“È l’idea di pallacanestro che ho visto a livello giovanile e che ho imparato ad apprezzare, mettendoci poi del mio e mettendoci anche quello che alcuni giocatori mi hanno trasmesso. Mi piace la pallacanestro di squadra dove tutti cercano di essere pericolosi, tutti cercano di essere protagonisti. Mi piace vedere giocatori che fanno letture su quello che succede in campo e non seguire una traccia, e tutti e dieci giocatori della squadra devono essere in grado di farlo perché non si può essere pericolosi solamente con uno o due giocatori che sono i punti di riferimento. Ci sono, ma tutti, nel momento in cui questi vengono a mancare per qualsiasi motivo, devono sapere cosa sta succedendo in campo e se la difesa fa una cosa piuttosto che l’altra. È una cosa che ogni anno ci mettiamo tempo a raggiungere perché leggere quello che succede non è semplice, non tutti i giocatori sono abituati a farlo. Ci ha portato fino adesso a giocare una pallacanestro piacevole perché quando vedi la palla circolare, muoversi ed è toccata da tutti, diventa anche piacevole essere guardata. Mi piace molto vedere anche la squadra che “si sbuccia le ginocchie” in difesa, e anche lì non è sempre facile raggiungere questi obiettivi. In questo momento, per esempio, siamo un pò indietro in entrambi questi aspetti. Dobbiamo riprendere un pò il percorso di ricostruzione perché non siamo soddisfatti di dove siamo rispetto a dove magari siamo abituati a essere negli altri anni.

Con i giocatori cerco sempre di essere me stesso. Amo fare l’allenatore, penso sia un privilegio e credo che in Urania come a Desio, non abbiamo mai scelto soltanto i giocatori, ma abbiamo sempre provato a scegliere anche le persone che venivano a comporre la nostra squadra e abbiamo sempre avuto la fortuna di avere gruppi dove tutti potevano essere se stessi. Nelle ore di gioco, di allenamento, di partita c’è il gioco delle parti, ognuno è lì per fare il proprio mestiere. È magari difficile essere sempre tutti “amici” o andare tutti d’accordo. Molto importante è stare bene insieme, la verità e la sincerità del rapporto. Una volta che c’è il piacere del gruppo poi è più facile superare il momento negativo perché durante la stagione arriva quasi sempre e se hai dei rapporti veri e sinceri e la forza del gruppo, che deve essere guidata dal capo allenatore e dallo staff. Vuol dire essere se stessi e quindi io provo ogni giorno ad esserlo e trasmettere questa cosa. La fortuna che abbiamo è che tutta la società è così e questo ci ha sempre portato risultati, e che abbiamo sempre scelto/incontrato giocatori che si sono adeguati a questo mondo, a questo spirito e hanno sempre avuto un forte legame tra di loro”

7 C’è un allenatore a cui ti ispiri?

“Mi sono sempre più ispirato ad allenatori con cui ho avuto modo di lavorare. Mi hanno insegnato allenatori come Enrico Rocco, Massimo Meneguzzo, Antonio Tritto e con cui ho fatto un percorso di crescita come Michele Carrea, che vedrò sabato e Federico Perego. Sono gli amici con cui ho fatto il percorso da allenatore ma anche con molti avversari e con il mio assistente Cesare Riva. Poi bisogna sicuramente guardare ai migliori come Ettore Messina, Andrea Trinchieri. Forse quello che mi ha condizionato di più, ma non tanto solo come allenatore ma proprio per come era la squadra che allenava e la modalità di gioco che aveva è Larry Brown con i Detroit Pistons. Esprimevano il concetto di cui parlavo prima, cioè quello di avere gioco di squadra, di essere aggressivi e vinsero il titolo senza grosse “stelle” ma con un gruppo affiatato e “cattivo””

8 Che cosa pensi ti riservi il futuro?

“Come ho detto prima, non ho mai affrontato il presente guardando troppo avanti. Non ho la presunzione di pensare di poter allenare in A1, non dico neanche che mi piacerebbe fare questo. Io ho sempre pensato che il futuro dipenda molto da come ti comporti nel presente e quindi in questo momento sono l’allenatore dell’Urania e penso a fare il meglio possibile. Poi se per i prossimi dieci anni sarò ancora l’allenatore dell’Urania, sto esagerando, perché sono felice qui e mi da motivazione fare quello che faccio, non lo vedo assolutamente come un fallimento. Ho la fortuna di poter allenare a un livello che mi piace molto. Se arriveranno le occasioni di andare più in alto perché me le meriterò e perché me le sono guadagnate sul campo, me le godrò ma non so cosa mi riservi il futuro, mi riservirà quello che mi guadagnerò. Se invece non succederà, vivrò con passione, con amore quello che già faccio tutti i giorni cercando sempre di costruire l’ambiente che ho trovato in questi anni di Senior e di giovanili a Desio e a Milano, dove ho sempre avuto la fortuna di lavorare con gente che mi ha trasmesso passione e amore per la pallacanestro”

Ringraziamo la società Urania Milano per averci dato la possibilità di intervistare Davide Villa e anche all’allenatore stesso per la sua enorme disponibilità.