Intervista esclusiva a Luigi Lamonica. L’ex arbitro italiano, veterano della Serie A e soprattutto della EuroLega, ha appena appeso le scarpette al chiodo ma non è rimasto molto tempo senza lavoro. Ora è Commissioner del Comitato Italiano Arbitri, di questo e molto altro ci ha parlato in questa lunga intervista.
La prima domanda, la più scontata. Com’è la vita post arbitro?
“Cambia poco onestamente. Parlo sempre di pallacanestro, 24 h su 24. É cambiato il topic, vedo la pallacanestro dal ruolo dirigenziale ora. Organizzazione e budget sono priorità e a livello personale non mi alleno più come prima. Il mio nuovo ruolo è molto stimolante, tante cose da organizzare, pensare agli arbitraggi da qui a 4/5 anni. Un arbitro va portato dalle serie regionali a quelle nazionali in questo arco di tempo e quindi c’è da lavorarci. Ora si lavora di più, mentre prima quando terminava la stagione di EuroLeague c’era più tempo libero.”
Ora da Giugno, sei Commissioner del Comitato Italiano Arbitri. Che importanza ha questo ruolo?
“Importantissimo per me, anche perché dopo tanti anni, un ex arbitro torna ad avere questo ruolo. La prima cosa che ho fatto è stato chiamare persone di fiducia vicino a me, per farmi aiutare dato che questo è un lavoro molto grande. Questi ultimi 2 anni e mezzo di pandemia non ci hanno aiutato, abbiamo perso molti arbitri e dobbiamo lavorare duro per riprenderli. Delle regioni con cui ho parlato, mi hanno mostrato un forte disagio. Ci sono tante partite oggi, sempre di più rispetto al passato e spesso l’arbitro è “l’anello debole” della catena poiché con i numeri non riusciamo a coprire tutte le partite e siamo chiamati a lavoro extra. Dobbiamo capire cosa abbiamo sbagliato e perché abbiamo avuto tutte queste perdite..”
Cosa pensi del fatto che ti sia stata concessa l’opportunità di poter continuare ad arbitrare in Europa e non Italia?
“A quel tempo c’era una regola ben precisa (limite di arbitraggio a 50 anni ndr.). Io sapevo che a quell’età avrei smesso e avevo accettato la cosa come naturale. Sarò grato per tutta la vita a EuroLeague per avermi dato l’opportunità di continuare a fare quello che amo da una vita. Poi la regola è cambiata in Italia, ma non mi è dispiaciuto. Fare 2 competizioni di alto livello come quella Europea e la Serie A non è affatto facile. Devi vivere con una borsa pronta in macchina per essere pronto a ripartire subito. Dal punto di vista fisico per me era diventato pesante, anche se mi dispiaceva vedere i Playoffs italiani in TV, ma ero anche consapevole che avrei dovuto decidere cosa era più importante per me. Mi sono preparato per arrivare a 50 anni al massimo, volevo dimostrare che si poteva arbitrare anche oltre e penso di averlo fatto. Stiamo cercando di cambiare i limiti di età, oggi la vita è cambiata e dobbiamo aggiornarci anche con gli stili di vita attuali.”
L’arbitro ha un ruolo sottovalutato? É poco “protetto”?
“Non è un fatto di protezione, si tratta di essere consapevoli del ruolo dell’arbitro. Per noi è importante come ruolo, ma ora noto che anche da parte di vari ruoli, presidenti federali, presidente Petrucci, ecc.. c’è una consapevolezza che più arbitri di qualità ci sono e più migliora il gioco. Anche il CNA ci ha richiesto maggiore attenzione, anche perché se alla fine tutto migliora, migliorano anche i giocatori che sono la cosa principale di questo gioco. Sarà un lavoro lungo ma speriamo di ottenere risultati nel più breve tempo possibile.”
Quanto è difficile arbitrare e quanto è necessario fidarsi ciecamente dei propri colleghi?
“Sono nato come arbitro che arbitrava in coppia e con il mio “compagno” siamo diventati grandissimi amici. Da non conoscerci, siamo passati a fare vacanze insieme e questo affiatamento si vedeva anche in campo. Ora con 3 arbitri, è ancora più indispensabile, come anche la parte dirigenziale che li faccia sentire protetti.”
Hai arbitrato in tantissimi campi. Quanto cambia l’approccio e quanto è differente arbitrare in Italia e in Europa?
“In EuroLeague c’è una basket più fisico, poiché le squadre sono più attrezzate, hanno più di 12 giocatori di qualità assoluta ed è logico che in questo caso le partite sono più intense. Quante volte una squadra di EuroLega ha recuperato uno di svantaggio di 20 punti? In questa competizione le partite non finiscono mai. Sicuramente dal punto di vista mediatico, hai meno pressione perché non leggi giornali e non sai cosa dicono di te, mentre in Italia sai tutto della partita precedente e qualsiasi critica. La partita del campionato nazionale è più difficile per questo motivo, non solo per me ma anche per colleghi di altre nazionalità.”
Vorrei sapere il tuo parere riguardo recenti eventi. Hai visto Partizan Belgrado – Stella Rossa? I giocatori sono stati ripetutamente colpiti da oggetti, bombe carta e alcuni settori sono stati svuotati. Che avresti fatto al posto degli arbitri?
“Questa situazione è stata vissuta anche in Grecia qualche anno fa tra Panathinaikos e Olympiacos, questo non è più sport. La scena più brutta è stata sicuramente quella di aver visto un arbitro colpito mentre abbandonava il campo, lì bisognava fare un gesto forte, dire “O ci proteggete o abbandoniamo il campo”, tanto si sapeva sarebbe finita così. Logico che ci sono talmente tanti interessi in una partita del genere che è molto difficile prendere decisioni con l’EuroLega in palio. Bisogna tornare a far capire che è uno sport bellissimo e questi episodi non c’entrano nulla con lo stesso sport. Giocatori e arbitri colpiti da oggetti, bombe carta e partita finita senza spettatori.. questo dovrebbe far riflettere tutti.”

C’è stata una partita o un momento in cui hai “sofferto” il pubblico? Ovvero che si sono comportati molto oltre i canoni standard concessi…
“Ci sono partite in EuroLega, in alcuni campi, dove sei sotto pressione dal primo all’ultimo fischio ma per fortuna non ho mai sospeso una partita per far andare via il pubblico. Quest’anno ad esempio in gara 5 dei Playoffs tra Olympiacos e Monaco abbiamo sospeso la partita a 10 secondi dal termine per poi farla ricominciare 10-15 minuti dopo, partita in cui per fortuna è andato tutto liscio. Anche al Pionir (Belgrado ndr) sono volati oggetti ma nulla di più.”
La famosa aggressione subita ad Atene. Cos’è successo dopo quel Panathinaikos – Barcelona e come si è sentito? Ha avuto paura?
“Non era un’aggressione nei confronti degli arbitri, lì il problema era un altro e riguardava i tifosi e la dirigenza del Panathinaikos, almeno dal mio punto di vista e non riguardava nulla con la partita nello specifico. In quella partita poi non era successo nulla di particolare, anzi se c’era una squadra che doveva recriminare, forse era il Barcelona, ma poca roba sinceramente. Quel fatto l’ho vissuto come un messaggio dei tifosi alla dirigenza, ovvero essere capaci di far qualsiasi cosa dato che c’era tantissima tensione nell’aria in quel periodo. Non fu un fatto casuale, fummo aggrediti in un luogo senza telecamere e con un motorino rubato. Tanto spavento, ma uscimmo indenni dal fatto. Da quel giorno in poi l’EuroLega decise di rendere responsabili le società per il trasporto pre e post partita degli arbitri in Hotel e fu assegnata la scorta in campi ostici.”
C’è un giocatore che ti ha colpito per educazione e gentilezza in campo?
“Ce ne sono tanti per fortuna, fare un nome sarebbe scortese per gli altri. Tanti giocatori sono così, alcuni nomi anche inaspettati. L’adrenalina e la voglia di giocare forse ti porta in alcune occasioni ad esagerare, ma a fine partita si rendono sempre conto.”
La migliore partita mai arbitrata, l’evento più grande, il momento più bello ed emozionante?
“La cerimonia d’apertura alle Olimpiadi di Pechino 2008. L’Olimpiade è il massimo traguardo per uno sportivo possibile, indimenticabile ed emozionante. L’altro momento è l’ultima partita arbitrata da me in carriera, ovvero la finale di EuroLega a Belgrado lo scorso 21 maggio tra Real Madrid ed Anadolu Efes Istanbul. Non ho mai pensato, fino all’ultimo fischio, che quella fosse la mia ultima partita nonostante fosse una decisione ponderata.”
NBA – Europa. Che differenze ci sono a livello di arbitraggio? Come vede la storica querelle che in America non si fischia passi? Invidia qualcosa ai suoi colleghi oltreoceano?
“Invidio alla NBA che loro sono arbitri professionisti per 24h su 24h e 365 giorni all’anno. Sono parte di un’azienda che fattura miliardi di dollari e sono rispettati come professionisti. Le regole sono completamente diverse e per noi a volte non è facile capire. La differenza è grande, hanno una grande cultura del gioco e proteggono gli attaccanti in una maniera esasperata. Per loro il basket è spettacolo, più alto è il punteggio e meglio è. Non è vero che gli arbitri NBA non fischiano passi, usano semplicemente le loro regole, fattore che permette uno, due passi in più per favorire una schiacciata. Altro fattore sono i 3 secondi in area, che per noi sono una “bestemmia” ma che a loro favorisce lo spettacolo.”