[ESCLUSIVA] Tyus Edney: "Jasikevicius è eccellente, sa come vincere. Pangos? Decisiva l'esperienza a Gonzaga"

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Tyus Edney è stato uno dei più grandi giocatori americani che hanno calcato i parquet della Serie A nel corso degli ultimi vent’anni: in particolare, con la maglia della Benetton Treviso ha scritto alcune pagine indelebili delle pallacanestro italiana. Un vincente nato, capace di trionfare in ogni competizione a cui ha preso parte, risultando essere anche l’MVP di Coppa Italia ( una volta) e di Supercoppa Italiana (per due volte). Oltre a questi trofei individuali, con la squadra veneta ha vinto due Scudetti consecutivi: il suo palmarès si arricchisce poi considerando anche le altre esperienze avute nel corso della sua carriera. Il titolo NCAA con UCLA nel 1995 è solo il primo di una lunga serie di successi: tra questi, brilla la Coppa dei Campioni conquistata con lo Zalgiris Kaunas nel 1999. Proprio la squadra lituana è stata capace di tornare, in questa stagione, ai fasti di fine anni Novanta: Edney ha parlato ai nostri microfoni del ruolo avuto da Jasikevicius e Pangos nella rinascita dei lituani, ma non sono mancati accenni al ruolo di allenatore (ora è assistente a UCLA) e all’Italia.

Tyus, quanto è difficile per un giocatore diventare un buon allenatore? Pensa che i playmaker siano facilitati in questo senso?

˝Penso sia un buon percorso, le point guard devono giocare e comprendere la partita a un livello diverso rispetto agli altri giocatori. Devono essere gli allenatori in campo. Devono capire la posizione in campo di ogni giocatore e i loro punti di forza o debolezza. Devono essere in grado di fare correzioni nel corso della gara, capire come battere l’altra squadra e quale sia il modo migliore per farlo. Queste sono le stesse cose che devono fare gli allenatori. Bisogna lavorare con molte personalità diverse e come playmaker ci si deve accertare che tutti siano felici e giochino al loro livello migliore. Quindi è per questo che i playmaker si trasformano in buoni allenatori˝.

Ha vinto l’EuroLega con lo Zalgiris nel 1999: ora i lituani si sono qualificati alla Final Four per la prima volta nel nuovo millennio. Come è possibile, nei prossimi anni, che anche altre squadre possano fare come lo Zalgiris? Il salary cap può essere un’idea?

˝È difficile vedere tante storie come quella dello Zalgiris, semplicemente perché le squadre, nella stessa lega, hanno budget molto diversi. Alcune leghe hanno più soldi in determinati periodi e in Lituania solitamente ci sono due o tre squadre che hanno budget buoni. Serve trovare il migliore talento che ogni squadra può permettersi a livello economico. Non so se il salary cap possa essere una soluzione facile da questo punto di vista: guardando alla NBA, loro hanno il cap, ma non sono sicuro che in Europa sarà possibile. Quello che conta è che i giocatori diano il meglio delle loro abilità per raggiungere certi risultati: è possibile avere una stagione come quella che abbiamo avuto quell’anno in Lituania, dove c’era una buona squadra e tanti ottimi giocatori˝.

Grandi meriti nei risultati dello Zalgiris vanno attribuiti a Sarunas Jasikevicius, con cui vi siete affrontati diverse volte da giocatori. Si sarebbe aspettato una rapida ascesa di Saras come coach? Quando vi siete sfidati, da cosa è rimasto maggiormente impressionato?

˝Vedo Sarunas essere un allenatore eccellente. Era molto competitivo già da giocatore. Ha sempre giocato le partite nel modo giusto: era un giocatore di grande qualità che sapeva fare bene tutto in campo. Passava la palla, tirava e vinceva. Ha capito la vittoria. Penso che possa fare grandi cose e sono entusiasta che abbia riportato lo Zalgiris ai massimi livelli. Credo che farà tutto al meglio per portare la sua squadra al successo˝.

Un altro protagonista della stagione è stato Kemvin Pangos: è lui il leader della squadra?

˝Kevin è un leader in campo. Ha una grande intelligenza e sa come giocare. Capisce cosa serve alla squadra per vincere, è ultra competitivo e ha buone qualità di base: sa tirare e passare la palla. Sta facendo bene in una situazione dove intorno a lui ha dei giocatori che sanno come si gioca a pallacanestro. Avere giocato a Gonzaga lo ha aiutato a comprendere e a misurarsi con un alto livello di pallacanestro˝.

Quali sono i ricordi più belli che ha della sua esperienza in Lituania?

˝I ricordi più belli che ho sono legati al rapporto che ho avuto con i miei compagni dal primo momento in cui sono arrivato, quando ero un po’ nervoso: avere ritrovato in Lituania il mio ex compagno a UCLA George Zidek e Anthony Bowie, contro cui avevo giocato in precedenza in NBA, mi ha aiutato. E poi anche i giocatori lituani si sono presi cura di noi e di tutto quello che gravitava attorno alla squadra: credo che quello ci abbia aiutato a sentirci bene. Con il passare del tempo siamo diventati sempre più uniti e quando una squadra è unita in campo e fuori dal campo può davvero ottenere dei successi importanti˝.

Passando all’Italia, ha avuto modo di seguire la Serie A recentemente? Perché secondo lei le squadre italiane hanno difficoltà ad essere competitive ai massimi livelli europei?

˝Non sono riuscito a seguire la Serie A tanto quanto avrei voluto per via degli impegni che ho in America. Ma penso che le squadre italiane stiano un po’ faticando in Europa per via delle differenze di budget con le altre squadre. Penso che con le difficoltà economiche a metà degli anni Duemila alcune squadre abbiano ridotto i costi e i giocatori di livello più alto abbiano cominciato ad andare a giocare altrove. Alcune delle squadre più importanti, tra cui la Benetton, mia ex squadra, che per anni è stata tra le migliori in Italia, ha ridotto i costi e ora Treviso è in una categoria inferiore. E poi anche le squadre come Siena, e chi è arrivata a giocare le finali o le partite importanti in Europa ha calato il proprio budget e non riesce più a mantenere lo stesso livello di qualche anno fa˝.