Inside EuroLeague – Stella Rossa: il miracolo e la lezione

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Se la stagione regolare di Eurolega finisse oggi il Kosarkaski klub Crvena zvezda, a tutti noi meglio noto come Stella Rossa, giocherebbe una meritatissima serie di playoff contro la terza classificata (Olympiacos al momento). Chi avrebbe mai pronosticato una situazione simile per i serbi, ritenuti da quasi tutti tra le due-tre squadre meno attrezzate, nonché  in grado di impensierire gli avversari solo tra le mura amiche?

Non vi è alcuna certezza sul fatto che gli uomini di Dejan Radonjic arrivino alla post season, sebbene il calendario paia oggi favorevole nell’ottica del raggiungimento della fatidica quota 15 vittorie, tuttavia è certo che lo stato attuale della classifica serba giustifichi l’utilizzo di parole quali miracolo o capolavoro. Gli ultimi due rovesci, in casa con l’Efes ed a Mosca, ci dicono che nulla è scontato, ma allo stesso tempo non inficiano minimamente quando fatto sinora.

Quello che doveva essere un gruppo competitivo solo all’interno del suo impianto, quella Hala Alekasandar Nikolic dove gli 8178 spettatori creano un ambiente favoloso che trascinerebbe agonisticamente perfino una manciata di suore di convento, ha portato a casa una serie di vittorie esterne contro avversari che si potevano battere, e che si sono regolarmente battuti. Galatasaray, Brose, Zalgiris e Maccabi sono colpi importanti, mentre la W di Vitoria è la ciliegina su una torta assai ben cucinata. Se poi in casa metti sotto nell’arco di pochi giorni Real e CSKA, aggiungendovi dopo due giornate pure il Fenerbahce di Obradovic, è lampante come la tua credibilità sia ormai evidente.

Prima del ventesimo turno, con il Panathinaikos poi sconfitto 72-66, il presidente Nebojsa Covic dichiarò che si sarebbe potuto riempire l’immenso Marakana, riferendosi allo stadio del calcio, altro tempio pressoché inespugnabile quando la temperatura sale. La sua squadra arrivava da sei successi consecutivi ed il settimo contro i “greens” di Pascual sancì un parziale di 12-8 che ribaltò le iniziali difficoltà (5-8 dopo tredici turni).

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Quindi a Belgrado è logicamente  pensabile che si tiri benissimo, si prendano più rimbalzi di tutti, si vada in lunetta ripetutamente, scuotendola con regolarità, e si smazzino assist a volontà : non potrebbe essere altrimenti, vista la classifica ed i risultati recenti, vero?

I NUMERI NON MENTONO (QUASI) MAI – “Ci sono bugie, grandi bugie e statistiche”. Il vecchio detto americano ci viene in soccorso ancora una volta, e questa volta lo fa in modo fragoroso. La Stella Rossa segna 74,95 punti di media, quindicesima davanti al solo, malandato Barça. ne subisce 74,5 e questa è signora statistica, se è vero che meglio ci sono solo Oly e Pana, per poche virgole. Il 50,3% su 906 tentativi da due punti garantisce il dodicesimo posto, mentre il 33,7% (454 tiri) dall’arco dice solitario ultimo posto in EuroLega. In lunetta si va 378 volte, col 73,5% ed anche qui si parla di penultimo gradino della classifica. I rimbalzi raccolti sono 31,5 a partita: il quindicesimo posto pare quasi un’abitudine a questo punto. 17,45 assist medi certificano qualcosa di meglio (decima), mentre si ricade in basso per stoppate date (quindicesima con 1,59) e subite (ultima con 3,81). Nona per falli fatti (440 totali) e tredicesima per quelli subiti (420), la squadra di Radonjic è nettamente la peggiore per quel PIR (performance index rating) che raccoglie un po’ tutto il bene ed il male del quadro statistico. Ma attenzione, perché arriva il punto di svolta: 11,36 perse per gara, parametrate a quei 17,45 assist di cui si diceva danno una ratio AS/TO del 153,60%, , la quarta di tutta la competizione. E singolarmente solo il Pana ne perde meno. Gli 8,27 furti a serata garantiscono il primo posto e la dicono lunga.

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Doverosamente detto che il numero di possessi dovrebbe essere preso in considerazione per approfondire tutti questi numeri, quelli difensivi e del movimento di palla su tutti, è chiaro che l’impostazione delle partite del coach montenegrino è certamente la migliore in Europa se si pensa la livello di talento a disposizione. Non si spreca nulla perché non ce lo si può permettere e non si concede nemmeno un passaggio facile perché gli altri sono sulla carta ben più dotati. Impressionate, a tale proposito, come in alcune delle recenti vittorie all’interno della serie di cui si è detto, si sia palesemente visto come, a livello di tattica, i serbi siano due passi avanti a tutti gli altri. Ad ogni chiamata offensiva avversaria corrisponde uno sforzo notevolissimo per impedire che  l’entrata nel gioco stesso possa avvenire attraverso un movimento collaudato.

Togliere 4/5 secondi e l’apertura di set certi mette già in grave difficoltà l’attacco, costretto a soluzioni alternative, delle quali la seconda è comunque già ben chiara nella testa dei giocatori biancorossi. Ed allora vanno in difficoltà anche i fenomeni, ad esempio Llull e Doncic da 15 punti totali con 5/8 da due ed 1/9 da tre, in lunetta solo 4 volte combinate.

LA SQUADRA – 14 giocatori, di cui 11 serbi, 1 americano che forse è il più serbo di tutti come “Carletto” Jenkins, una vecchia volpe dei parquet europei come Deon Thompson ed il solo Nate Wolters alle prime stagioni nel Vecchio Continente. Il timone saldamente in mano a Stefan Jovic, la crescita esponenziale di Ognjen Kuzmic in centro, la leadership condivisa di Marlo Simonovic e del già citato Jenkins, le talentuose mosse degli altri, Luka Mitrovic su tutti. Dal Montenegro, coach Radonjic, 47 anni ed un esperienza divisa tra le diverse stagioni al Buducnost e l’approdo, quattro anni fa, alla Stella, ha portato a livelli assoluti il concetto di solidità di squadra. Perché la Crvena Zvezda è prima di tutto una squadra, il cui valore supera ampiamente la somma dei valori dei singoli giocatori. Sistema? Chiamiamolo come vogliamo, di certo vi sono esempi, come quello di Jenkins, che devono far riflettere. Una splendida stagione a Belgrado, l’approdo a Milano, i tantissimi alti e bassi, l’utilizzo a singhiozzo, i dualismi con pari ruolo che gli furono spesso preferiti a parità di caratteristiche, il ritorno in Serbia che corrisponde al ritorno ad altissimi livelli. Charles Jenkins è un fenomeno? No, assolutamente, tuttavia in questo conteso è più che fenomenale, nonché il giocatore più utilizzato dopo Simonovic (585’36” e 549’10”), poco sopra le medie di Jovic (516’20” con una tra in meno). Quante volte abbiamo visto il naturalizzato serbo rompere i movimenti dei giochi avversari nel punto cruciale? Una miriade, condita da un’intensità sui 24 secondi difensivi che non ha pari. Se poi spesso accade che lo stesso CJ sia in isolamento offensivo, automaticamente ti chiedi che a che razza di miracolo stai assistendo, poiché credo che se chiediamo ai 16 coach di Eurolega quanti giocatori vorrebbero in isolamento offensivo prima di “Carletto”, non uscirebbero meno di 100-120 nomi.

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QUESTIONE DI IDENTITA’ – L’identità nazionale garantita da quegli 11 serbi fa il pari con quello che arriva dal pubblico, che non è nemmeno lontanamente paragonabile ad alcuna altra realtà. Ma gli uni trascinano l’altro e viceversa. La chimica che si è creata tra il gruppo ed i tifosi è realmente uno dei pochi casi in cui si possa parlare di “sesto uomo”. Non esistono appunti a nessuno perché tutti danno il 101%. Ed oltre a questo vi è una splendida realtà tecnica e tattica, in cui un coach perfettamente conscio dei limiti del proprio poster, dà ai suoi la miglior lettura di ogni momento della partita e della stagione, moltiplicandone valori e sforzi. Cosa deve fare di più un coach? Ovvio che, come mi ha recentemente detto un agente, molti di questi giocatori vadano valutati con grande attenzione per un’eventuale uscita da questo sistema, perché non è per nulla scontato che il loro rendimento lontano da qui possa essere lo stesso. Altro ambiente, altre regole, altri obiettivi ma soprattutto altre società. Per essere la Stella Rossa devi lavorare da Stella Rossa e non è facile che molti altri lo sappiano fare allo stesso modo. Olympiacos e Real Madrid ci hanno recentemente mostrato come quella forte identità nazionale del gruppo sia il fondamento essenziale per ottenere successi e mantenersi ad alto livello.

RUSH FINALE – Ora il calendario belgradese prevede gare casalinghe contro Galatasaray, Brose, Olympiakos e Unics, mentre si farà visita a Real, Milano, Barcellona e Darussafaka. Il brutto saldo negativo contro l’Efes (0-2 con scarti importanti) ed il fatto che l’ultima trasferta sia proprio a casa di Blatt, già vincente in Serbia alla prima gara stagionale, rendono necessario uno sforzo forse di almeno quattro vittorie, poiché una baraonda a 15 W potrebbe non bastare se vi fossero, come presumibile, coinvolte le due avversarie turche elencate. Importante, in quest’ottica, il saldo positivo con il Baskonia ed, eventualmente, se mai potesse rientrare in gioco, anche il vantaggio acquisito con lo Zalgiris: una vittoria casalinga eliminerebbe di fatto il potenziale problema Bamberg.

I risultati sono importanti, l’approdo ai playoff sarebbe un capolavoro assoluto, ma nulla potrà in ogni caso togliere gloria dalla stagione belgradese, perché in fondo, alla Coach Zen, “conta il cammino, più dell’approdo” ed il cammino di Radonjic e dei suoi merita solo ed unicamente una “standing ovation”.