La pallacanestro compirà 130 anni tra qualche mese. Era nata dalla mente del Professor James Naismith solo come un passatempo per tenere impegnati i suoi alunni durante i mesi invernali.
Nei successivi trent’anni si sviluppò come un vero e proprio sport, prima nel Nord America e poi via via in Europa e nel resto del mondo. Le regole iniziali vietavano al giocatore in possesso di palla di muoversi, quindi si optava per tantissimi passaggi, corsa e zero palleggi. Fortunatamente, con l’esperienza pratica, si capì che era meglio permettere anche al giocatore stesso di muoversi con la palla, con l’uso del palleggio.
La FIBA, federazione internazionale, per ogni ciclo olimpico introdusse nuove regole per cercare di migliorare sempre di più il Gioco. Per sfruttarne l’aumento di fisicità, di altezza, di velocità, di atletismo, furono introdotte regole di tempo, modificate le aree, deciso cosa si poteva fare o non fare con la palla in mano. Tanti piccoli o grandi cambiamenti, volti solamente verso un aspetto: rendere la pallacanestro uno sport pieno di Bellezza!
E la cosa è riuscita abbastanza bene, diciamocelo. È cambiato moltissimo e paragonare le diverse “ere geologiche” della pallacanestro non è facile, né utile. Però si può ammettere che, ad oggi, guardare le partite degli anni ’50 non ha nulla a che vedere con quelle dei giorni nostri.
La pallacanestro di oggi è uno sport diversissimo, fatto di spaziature diverse, di velocità ed atletismo imparagonabili, geometrie e schemi impensabili solo vent’anni fa. Ogni evoluzione porta con sé, da una parte progresso e, dall’altra, abbandono.
È per questo che vedremo meno uso del perno “di scuola slava” perché ormai contro gente molto più veloce e molto più atletica potrebbe servire sempre meno. L’introduzione del “passo zero” tanto bistrattato dagli esteti del Bel Gioco va proprio in questa direzione.
Il progresso comporterà invece un netto miglioramento nella gestione della palla, perché ormai gli avversari sono sempre più bravi a convertire le palle perse in punti facili, e delle percentuali reali di tiro, già in costante aumento rispetto al passato.
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Il gesto di Doncic, quel meraviglioso uso del perno, è frutto di ore di lavoro da piccolo che gli hanno permesso di impararlo e inserirlo in uno dei cassetti delle sue abilità. Pronto ad usarlo quando l’avversario meno se lo aspetta. Lui può farlo perché non è così atletico come molti suoi colleghi, ma ha una velocità di piedi sopra la media. Per i giudici dei social, apprezzate il movimento, gustatevelo, e non puntualizzate se ha mosso il perno di due centimetri. Provate a fare quel movimento e vedreste che tenere il piede ancorato al suolo risulta impossibile.
Facciamo un’analisi tecnica del movimento, se vogliamo, ma – ve lo chiedo umilmente – la maggior parte delle volte cerchiamo di guardare il gesto in sé, come quando ci capita di ammirare un’opera d’arte. Quando andiamo al museo (anzi, quando potremo tornarci) ci fermiamo davanti alle opere per vedere cos’hanno da donarci, perché il bello migliora la nostra anima. Non andiamo al museo per criticare.
E poi studiamo. Perché le regole sono cambiate rispetto a vent’anni fa. Cambiano spesso, cosa che non è per forza un pregio. Ma cambiano per migliorare lo sport di cui siamo innamorati, e perciò dobbiamo restare aggiornati. Non possiamo parlare di intenzionalità, di infrazioni o di passi quando queste o sono cambiate totalmente, o non sono nemmeno più nel regolamento.
Dobbiamo anche sapere che la NBA ha un regolamento leggermente diverso su certe situazioni. I passi, ad esempio, partono con il conteggio solamente quando il giocatore ha totalmente il controllo della palla, bloccata con una o due mani. Quindi, quello che a noi pare un’assoluta valutazione errata degli arbitri, è solamente perché siamo convinti che in NBA si giochi con le regole FIBA.
Se non studiamo e non ci aggiorniamo, il famoso passo zero di Irving che troverete qui di seguito, non possiamo valutarlo come un errore oppure come gesto regolare, quale effettivamente è.
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Ma anche se fosse un errore non rilevato, che può capitare, perché non apprezziamo più la bellezza del movimento e la capacità di stregare gli occhi di noi appassionati di pallacanestro?
“L’uomo ha bisogno del bello come un elemento fondamentale per la vita del suo spirito“, diceva il filosofo Giovanni Reale. Facciamoci del bene e ammiriamo quello che i migliori interpreti di questo Gioco ci mostrano e ci regalano ogni giorno. Evitiamo di soffermarci su piccole sbavature che nulla tolgono alla bellezza dei movimenti, delle azioni che caratterizzano la pallacanestro.
Abbiamo la fortuna di non dover aspettare i video giorni o settimane, come una volta, ma possiamo avere tutte queste opere d’arte cestistiche in diretta o quasi. Cerchiamo di capire finalmente che il nostro bene passa anche dalla reale ammirazione di un’azione difficile. Ne gioverebbe anche la pallacanestro stessa.