Le Olimpiadi del 1992 si disputano a Barcellona, capitale della Catalunya e stupenda città della Spagna. Gli Stati Uniti si presentano con un super roster, ma prima di parlare di questo, è doveroso fare un passo indietro. Come eravamo rimasti?
Un paese, quello statunitense, scosso (sportivamente parlando) dalla sconfitta del 1988 a Seoul contro l’URSS. Forse era la prima vera Sconfitta, con la S volutamente maiuscola per il team USA.
Prima di Seoul, gli USA non avevano vinto l’oro olimpico solo in due occasioni. Nel 1972 a Monaco, dove regnava il caos, in un clima di guerra, terrore e anche sportivamente parlando, di confusione. Successivamente nel 1980 a Mosca, dove la tensione tra occidente e oriente aveva oltrepassato i limiti, facendo quindi prendere la decisione estrema agli Stati Uniti di non partecipare alla competizione evitando così il contatto tra le due superpotenze. Nel 1988, Kurtinaitis e Sabonis hanno giocato un basket di alto, altissimo livello, in grado di mettere in difficoltà e addirittura battere ciò che sembrava imbattile, quel Team USA che impauriva qualsiasi avversario trovasse di fronte la sua strada.
Un cambiamento era necessario, bisognava svoltare, non solo tornare a vincere, ma dominare, dimostrandolo al mondo intero. Le Olimpiadi di Barcellona 1992 vedono quindi per la prima volta, la presenza dei giocatori professionisti della NBA, selezionati per rappresentare gli Stati Uniti D’America nella competizione internazionale più importante. URSS e Yugoslavia non esistono più, per i motivi che tutti sappiamo, e ora sono altre realtà, che in modo differente partecipano sempre alle Olimpiadi, ovviamente separati. Se a Barcellona 1992 non avessimo trovato questa disgregazione, saremmo di fronte a dubbi, immaginazioni o realtà differenti rispetto a ciò che è avvenuto di fronte al Dream Team?
Dopo questo breve excursus politico/sociale, torniamo ai nostri discorsi. Si, Dream Team, avete letto bene. Gli Stati Uniti voglio dare spettacolo, vincere, stravincere e far capire al mondo intero chi è il numero 1 nel campo della pallacanestro mondiale e per questo serve una squadra da sogno, un Dream Team. L’allenatore selezionato è Chuck Daly, ex allenatore dei Pistons e due volte campione NBA con Detroit nel 1989 e 1990. Nasce qualcosa di fantastico, eccezionale, qualcosa che cambierà per sempre il mondo del basket e che rimarrà impresso nella storia. Michael Jordan, Magic Johnson e Larry Bird insieme nella stessa squadra. Follia, pura follia.
“E’ come se Elvis e i Beatles si unissero insieme” parola di Coach Daly.
Le tre superstar del momento, il leader dei Bulls, dei Lakers e dei Celtics uniti per la medaglia d’oro. Il resto del team era completato da Scottie Pippen, Charles Barkley, David Robinson, Pat Ewing, Karl Malone, John Stockton, Chris Mullin, Christian Laettner (miglior giocatore della precedente stagione NCAA,unico collegiale e preferito di poco a un certo Shaquille O’Neal) e Clyde Drexler. La scelta del dodicesimo uomo è caduta sulla star dei Blazers, a discapito di Isaiah Thomas, playmaker dei “Bad Boys” di Detroit, pluricampioni NBA. Perché questa scelta? Si dice che MJ in persona abbia posto il veto di fronte al playmaker dei Pistons.

I rapporti tra Jordan e Thomas non sono ottimali e nascono dal trattamento riservato da Thomas a MJ durante l’All Star Game del 1985, in cui giocando da Rookie, la guardia dei Bulls doveva essere “evitato” dai compagni su ordine di Thomas. La situazione creò scalpore, ma questo scalpore scomparve immediatamente con l’inizio della competizione.
Team USA inizia la preparazione a Monaco, per poi spostarsi successivamente a Barcellona. Nessuno è titolare fisso, eccetto il 23 in maglia Bulls e Magic (il quale sarà costretto a saltare due partite a causa di un problema al ginocchio), tanto alto è il talento in campo che non permette rotazioni o quintetti fissi. Celebre un allenamento in cui, Chuck Daly forma due squadre, la bianca guidata da Jordan con Malone, Ewing, Pippen, e Bird e la blu guidata da Magic con Barkley, Robinson, Mullin, e Laettner. Stockton e Drexler sono alle prese con degli infortuni e non fanno parte dell’allenamento statunitense. Magic da una parte, Jordan dall’altra. Qui si decide il leader. La partita è storica, livello di competizione altissimo, tanto che MJ in persona a fine partita dichiarerà: “E’ la migliore partita in cui abbia partecipato”.
Il girone fa capire a tutti quale sarà la musica contro il team USA. Scarti abissali, punteggi altissimi per gli americani e bassissimi per gli avversari. I giocatori avversari sembrano spaesati, si gioca contro un livello differente, contro degli extraterrestri. 117 punti di media nel torneo per i ragazzi di Coach Daly, 44 punti di scarto medio agli avversari, difesa super e in attacco nessuna pietà, cifre impressionanti. Nei quarti di finale si affronta Porto Rico. Team Usa continua la sua marcia, 115-77, Mullin miglior marcatore a quota 21, Laettner e Pippen miglior rimbalzista e assistman entrambi a quota 8. E’ tempo di semifinale a Barcellona per gli americani, che affrontano la Lituania guidata da Marciulionis e Sabonis (Chi si rivede!). Il punteggio è 127 a 75, non vi stiamo neanche a dire per chi. Chi aveva messo paura, e battuto anni prima gli statunitensi, ora è spazzato via come un foglio di carta. 21 punti per Michael Jordan, 8 rimbalzi per David Robinson e 8 assist per Magic Johnson. La finale è contro la Croazia, stato indipendente a causa della separazione della Yugoslavia, guidata da un certo Drazen Petrovic, che ha già fatto vedere qualcosa del suo incredibile talento dall’altra parte dell’oceano e da un giovane Toni Kukoc. Su quest’ultimo viene applicata una difesa aggressivissima da parte di Scottie Pippen e Michael Jordan che lo mettono in estrema difficoltà. Pippen ha avuto motivazioni extra per marcare il futuro Bulls croato. Infatti, Kukoc aveva appena firmato per la franchigia dei Chicago Bulls, con un contratto molto remunerativo e maggiore rispetto al numero 33. Sembra che Scottie si sia legato al dito questo aspetto durante la finale di Barcellona, con l’approvazione di un MJ super motivato, come ce ne fosse bisogno. 117-85 il risultato finale tra USA e Croazia. 22 punti per Jordan e solita distribuzione omogenea tra gli americani.

Medaglia d’oro per gli Stati Uniti, che si sono ripresi la vetta del basket mondiale, non solo vincendo, ma dominando. Ognuno ha giocato al massimo i minuti concessi da Coach Daly, il quale ha ottenuto il meglio da chiunque. Barkley è il massimo realizzatore della squadra con 18 punti di media, Magic e Jordan hanno chiuso rispettivamente a 8 e 15 di media.
Ciò che il Dream Team ha lasciato in eredità è eccezionale. I giocatori avversari chiedevano autografi e foto, in campo facevano di tutto per farsi fotografare vicino alle superstar NBA. La NBA stessa ha avuto un enorme beneficio da questa Olimpiade. Se la NBA oggi è un business da miliardi di dollari, lo deve a quella squadra che nel 1992 ha fatto partire il tutto, mostrando le migliori superstar, le icone, le bandiere di squadre che si affrontavano duramente da rivali durante i playoffs, insieme per la medaglia d’oro. Michael Jordan, Magic Johnson e Larry Bird, rivali di una vita, insieme, giocando, divertendo e dominando. Cos’era il Team USA a Barcelona 1992?
Una squadra da sogno, un Dream Team.