I Blazers hanno la loro stella. Non è un elemento che si fa vedere o sentire. Dimostra tutto in campo. L’ultima opera d’arte l’ha firmata in gara1 a Houston. 46 punti. 18 rimbalzi. I 46 punti sono record di franchigia nei playoff, ma ciò che più conta è che Aldridge ora sa di essere già parte della storia dei Trail Blazers. L’ala grande è sotto contratto fino alla prossima stagione e potrebbe quindi superare sia Clyde Drexler come miglior rimbalzista della franchigia, sia Terry Porter come secondo miglior marcatore. Ed entrerà tra i primi cinque nelle stoppate, tiri liberi tentati e segnati, minuti e gare giocate.
Insomma, se Aldridge deciderà di rimanere in Oregon, avrà buone possibilità di finire tra i migliori di sempre, se non il migliore, nella storia della franchigia. Alla domanda se questi numeri – e anche quelli di gara1 – possano influenzare la sua scelta, lui risponde che è possibile, ma “ora abbiamo altro a cui pensare. Quando sarà il momento, non potrò chiudere gli occhi dinnanzi a questi incredibili ricordi”. Ma Aldridge sa anche che la stella probabilmente non è lui. Basta guardare cos’è successo dopo gara1.
La TNT ha intervistato immediatamente Lillard – autore di un’ottima gara da 31 punti e 9 rimbalzi – e non lui. “È un po’ strano, tu fai la storia e…” dice scherzando il numero 12. Non è la prima volta che L-Train si ritrova al secondo posto, nonostante si meriti di più. È successo nel draft 2006, quando venne chiamato al secondo posto dietro a Bargnani; è successo quando Roy, scelto quattro pick dopo, divenne la stella; si è ripetuto quando arrivò Oden e lui era solamente il terzo dei big three. “Io sono stato in quelle posizioni perché me lo meritavo: Andrea aveva dimostrato molto più di me fino ad allora, Brandon era davvero una stella, Oden doveva essere l’elemento complementare al mio gioco”. Aldridge non è mai stato uno che ha voluto prendersi le luci della ribalta, in parte perché ha iniziato la sua carriera con troppi alti e bassi e in parte perché lui stesso è una persona decisamente timida e privata. L’eloquenza non è di certo la sua forza. Tutti noi però vogliamo essere apprezzati per quello che siamo e non per quello che mostriamo. Al nostro, però, interessa solo una cosa: vincere. “Mi alleno tantissimo ogni estate per migliorare e per portare Portland sempre più in alto. Più vinci, più trovi il significato del tuo lavoro, della tua fatica. Quando perdi, capisci che bisogna continuare a lavorare perché, in quel preciso momento, gli avversari sono più forti di te”.
Ora come ora non c’è nessuno in Oregon che non creda più nel numero 12 rossonero. Non dopo una prestazione come quella di tre giorni fa. 12 dei suoi 17 canestri sono avvenuti dentro l’area, 2/2 da oltre l’arco (di cui una decisiva a fine dei regolamentari) con 19 punti nell’ultimo periodo. Roy ha detto che la stella è il numero 12, ma Aldridge gli ha risposto che non è importante chi sia la stella, ma è importante che la squadra che vince sia solamente Portland, fino all’ultimo atto. Sembra essere ormai lui il padrone di casa. Ma non era troppo tempo fa quando non si sentiva per niente benvoluto e preferiva starsene a Los Angeles oppure a Dallas. L’anno scorso sembrava fatta per un suo passaggio a Chicago, poi per fortuna dei Blazers non se ne fece nulla. Ora sembra invece davvero dura che Portland si liberi della sua stella. E lui la sta ripagando della fiducia concessagli. Quando firmi un record di franchigia, sostanzialmente rimani legato a quella squadra. Drexler ha lasciato i Blazers nel 1995, ma 11 suoi record rimangono tuttora.
Le statistiche di Aldridge segnano 10901 punti e 4709 rimbalzi. Ma a lui interessano solo le vittorie. “Mi fa piacere che nelle 12 stagioni della franchigia da 50 e più vittorie, io faccio parte di tre di queste. Amo essere legato a qualcosa di vincente. Questi record sono cose che mi piacciono e amo battere i precedenti, però solo se alla fine portiamo a casa la vittoria. Mi sento come i grandi giocatori quando sono sempre ricordati per le vittorie. Molti ragazzi forti non vengono ricordati perché segnavano ma non vincevano. Pochi giocatori hanno segnato tanto e sono riusciti a vincere. Io voglio far parte di questa élite”, ammette sicuro LaMarcus Aldridge. Vuole un posto tra i grandi. Solo in questa stagione è nel gruppo di stelle in compagnia di Clyde Drexler, Maurice Lucas, Geoff Petrie, Sidney Wicks e Kiki Vandeweghe. Ed inoltre ha passato nella lista all-time di varie categorie statistiche gente come Jerome Kersey, Clifford Robinson, Rasheed Wallace e Buck Williams. Tre giorni fa ha segnato il record di punti in una gara di playoff. È una prestazione che rimarrà impressa nella memoria. È una prestazione che lo lega ancora di più a Portland. E anche lui lo sa. Se ha bisogno di un promemoria per vincere ed essere continuamente stimolato a farlo, tutto ciò che ha da fare è guardare in alto quando guida la sua auto per arrivare al Rose Garden (non si chiama più così ma servirà qualche anno per abituarci al nome Moda Health Garden). La strada che serve ai giocatori per entrare al palazzo si chiama Drexler Drive. Lo stesso L-Train dice speranzoso: “Un giorno, se avrò vinto un anello e se avrò continuato a giocare come sto facendo ora, allora spero di avere anch’io una via intitolata a me”. Sembra quindi davvero difficile vedere l’ala forte lontana da Portland. Se poi il GM Neil Olshey riuscirà ad allungare la panchina con elementi importanti, nei prossimi anni occhio a questi ragazzi terribili.