A voi la seconda parte del “Focus on Point Guards”. La prima parte la potete trovare qui.
Western Conference:
Dallas Mavericks: Dallas gioca con una specie di doppio playmaker: uno è lo spagnolo Josè Calderon e l’altro è Monta Ellis.
Sono due giocatori completamente diversi, lo spagnolo preferisce gestire il gioco attraverso i classici cambi di ritmo, l’americano la palla l’ha cominciata a passare quest’anno e neanche sempre.
Il nostro caro Monta però sfrutta delle doti atletiche del tutto eccezionali (sì, il fisico ce l’hanno praticamente tutti) e un crossover fulmineo per crearsi direttamente il tiro.
Due modi completamente diversi di vedere il basket che giocano assieme per più di mezza partita, chissà cosa ne pensa Dirk.
Denver Nuggets: l’anno scorso nel gioco di fisico atletismo e contropiedi di George Karl, Ty Lawson era spesso un solista che sfruttava la sua tecnica e velocità per chiudere le ripartenze o per crearsi i tiri.
Quest’anno è venuta fuori la parte di Lawson più calcolatrice e le medie ne hanno beneficiato: 9 apg contro i circa 7 dell’anno scorso e qualche punto in più. I Nuggets non sono più l’onda d’urto casalinga dell’anno scorso, complici la partenza di Iggy e l’infortunio di Danilo, però è strano notare come un playmaker annoverato tra i migliori neanche un anno fa oggi sia quasi dimenticato da tutti nonostante abbia anche migliorato il suo gioco. Come spesso accade, conta il palcoscenico.
Golden State Warriors: non ho troppe parole per descrivere Steph Curry. L’unica che mi viene in mente al momento e che ricalca alla perfezione il suo impatto dall’anno scorso a oggi è… sensazionale.
Ricordo che i tifosi di Oakland non furono molto contenti di tenere lui e “sfrattare” il Monta ora ai Mavs, ora forse gli staranno progettando una statua vicino al Bay Bridge. Delle triple e dei crossover ormai saprete tutto, delle sue caviglie purtroppo saprete tutto, dei passi della Bibbia sulle scarpe anche… il fatto che sta puntando forte a diventare anche un difensore? Etica del lavoro da professionista navigato e tanta, tantissima volontà, questo ce lo ritroveremo in cima al mondo, caviglie permettendo.
Houston Rockets: a rigor di logica i playmaker dovrebbero essere Beverley e Lin, poi guardando un attimo le stats vedi che Harden fa più assist di loro, come se il ruolo da shooter non gli bastasse.
Houston è una di quelle squadre dove il play svolge la classica parte del role player che fa il lavoro sporco e lascia alle stelle il palcoscenico, sostanzialmente questo sono Lin e Beverley.
LA Clippers: Chris Paul è probabilmente il miglior playmaker della Lega. Sicuramente è il più completo offensivamente: tiro, penetrazione, visione di gioco, assist, gestione del ritmo… Ha però forse 2 difetti: la difesa (è tendenzialmente impreciso sugli scivolamenti nonostante abbia una grande visione del gioco e presenza anche quando la palla ce l’hanno gli altri) e la “fissa” di cominciare ad escludere i compagni nei momenti più caldi delle partite. Al di là di questo, è praticamente perfetto
LA Lakers: in una stagione disastrosa, una nota positiva c’è ed è il playmaker. Il bello è che Nash non è perchè infortunato, Farmar non è, Meeks neanche, Blake non c’è più (ma non sarebbe stato comunque)… chi è? Kendall Marshall, ripescato dai meandri della D-League dopo un anno da meteora ai Suns.
Il buon Kendall si è preso il posto da titolare (non che ci fosse una concorrenza così agguerrita, per carità) a suon di assist facendo prevalere la visione di gioco al fisico. Insomma, un playmaker nel vero senso della parola ed un grande acquisto per i losangelini.
Memphis Grizzlies: Memphis è famosa per Elvis, Aretha Frankiln… e in tempi più recenti per la coppia Gasol- Zach Randolph.
In tutto questo il buon Mike Conley passa in secondo piano nonostante dietro la coppia di lunghi più forte dell’NBA ci sia spesso lui ad orchestrare il gioco, anche se a volte preferisce metterla dentro direttamente. Non un fenomeno di livello assoluto, ma rimane un ottimo giocatore spesso sottovalutato
Minnesota Timberwolves: su Ricky Rubio esistono le più assurde teorie: è un fenomeno, è scarso, è da NBA, non lo vorrei neanche in Europa… che succede? Il motivo è semplice: Rubio ha una visione di gioco del tipo “io quella traccia non l’avrei vista neanche dopo 4 replay”, un buon istinto nell’intercettare la palla e… praticamente basta. Il tiro è ancora fallace, la mentalità difensiva anche, atleticamente non è un fenomeno… Sembra un play anni ’90 arrivato con qualche anno di ritardo: può fare la differenza in questa NBA? Se riuscirà a migliorare nei difetti sì, altrimenti sarà difficile. Ma per gli amanti del bel basket rimane una macchina da highlights con la palla in mano.
New Orleans Pelicans: Jrue Holiday (arrivato da una trade con Phila in cambio di Nerlens Noel) sta avendo un leggero calo di rendimento dopo la grandiosa stagione dell’anno scorso che lo ha consacrato come uno dei play più efficaci e intelligenti della Lega. Comunque è un tassello importantissimo per una squadra come NOLA che punta a costruire un roster vincente in poco tempo sull’asse Holiday-Davis.
Oklahoma City Thunder: Russell Westbrook è uno di giocatori più spettacolari e controversi da vedere.
Veloce e atletico come nessun altro, talento offensivo clamoroso, atteggiamento spesso sopra le righe.
È imprevedibile: nel giro di due azioni può indifferentemente tirare fuori la giocata del secolo o il peggior tiro possibile, anche consecutivamente. È anche certo che il suo rendimento e la sua verve sono indispensabili a questa Oklahoma che non riesce a fare a meno del miglior Westbrook, neanche con il miglior KD (basta guardare i playoff dell’anno scorso e le partite saltate da Russell per infortunio).
Russell è così, prendere o lasciare, difetti quantomeno irritanti e qualità semplicemente uniche.
È ancora giovane e per fare l’ultimo step serve solo un allenatore che lo sappia migliorare soprattutto a livello mentale come attitudine e concentrazione (qualsiasi riferimento ad un Greg Popovich o un Tom Thibodeau è puramente voluto) e avremo un serio candidato all’MVP.
Phoenix Suns: altra squadra che gioca con due combo-guard differenti tra loro per caratteristiche fisiche e tecniche: Goran Dragic ed Eric Bledsoe.
Dragic quest’anno è entrato di diritto nel novero dei migliori play della Lega: gran tiratore, grande assistman e tanto, tanto impegno e dedizione. Giocatore dal 50% al tiro e 20 pti di media più 6 assist… impronosticabile. Il MIP se lo merita tutto.
Dall’altra parte c’è il vecchio backup di Chris Paul del quale non possiamo dire moltissimo a causa di un fastidioso infortuno che lo ha tenuto fuori quasi mezza stagione. Per quello che ci ha fatto vedere, Eric può giocare benissimo ai livelli di Goran e dire che questi due assieme sono forse il miglior backcourt della Lega alla pari con Steph Curry-Klay Thompson… non è affatto sbagliato.
Portland Trail Blazers: Damian Lillard è un fenomeno, punto. Tiratore micidiale, ottimo assistman (i 6 che smazza a partita non gli rendono troppa giustizia) e un arsenale di finte tra i primi della Lega.
Uno del genere l’anno prossimo merita di diritto lo status di All Star e i playoff quest’anno.
Sacramento Kings: una 60 scelta che al secondo anno stampa 20 ppg. Isaiah Thomas sembra direttamente proiettato in una delle classiche storie americane dove il più brutto anatroccolo alla fine diventa un cigno. Ah, come se non bastasse è alto 1,75 m quindi a spanne dovrebbe essere il più basso titolare della Lega. Eroico.
San Antonio Spurs: che dire di Tony Parker… in quanto a intelligenza e gestione del gioco è probabilmente il migliore della Lega, passatore eccezionale e grandissimo realizzatore, mica facile trovargli un serio punto debole, a parte forse l’essere ormai dalla parte sbagliata dei 20.
Utah Jazz: chiudiamo questa rassegna con uno dei rookie più interessanti dell’anno. Per Trey Burke questo è un anno di apprendistato in attesa che la squadra di Salt Lake City crei un roster in grado di lottare almeno per i playoff (e ad Ovest è tutt’altro che facile). Il suo impatto è stato ottimo: Utah ha cominciato a vincere qualcosa proprio dal suo ritorno fino ad arrivare ad un 22-44 quasi insperato ad inizio stagione. Altro giocatore da tenere a mente: il talento è chiaro e cristallino, basta avere pazienza e aspettare di vederlo in una bella squadra ed infortuni permettendo avremo davanti un nome che sentiremo molto spesso nei prossimi anni.
La generale abbondanza di talento in questo ruolo è segno di come sia divenuto importante avere un giocatore in grado di gestire l’azione in modi diversi e se possibile anche difendere con carattere ed efficacia.
In una point guard moderna possiamo trovare tutte le caratteristiche utili ad un giocatore di basket: atletismo, coordinazione e intelligenza tattica ovvero tutte quelle skills che accantonano la differenza di centimetri rispetto a praticamente tutti gli altri.
In pratica: la nostra NBA può anche essere riassunta così: “it’s all about the play”.
Simone Angeletti