Ogni componente del mondo Nba persegue i propri interessi, e cerca di mettere in campo ogni trovata pur di raggiungere i propri obiettivi, ma c’è una cosa che fa imbestialire alla stessa maniera tifosi, addetti ai lavori, piani alti della Nba e sponsor: il tanking. I capi della Lega stanno studiando cambiamenti per limitare il fenomeno, e forse siamo vicini ad una svolta epocale.
C’ERA UNA VOLTA – Il tanking è un problema più vecchio di quello che si possa pensare, ed è uno dei motivi che hanno portato all’attuale struttura. In origine c’erano poche squadre e molti giocatori, semplicemente si sceglieva in ordine inverso rispetto alla classifica della Regular Season, e non c’era un numero predefinito di giri. Prima del draft vero e proprio c’era il Territorial Draft, che permetteva alle squadre di rinunciare alla loro prima scelta in cambio dell’acquisizione di giocatori locali, che avevano studiato o che erano cresciuti nella zona della franchigia. Grazie al Territorial Draft gli allora Philadelphia Warriors si presero Wilt Chamberlain ed i Cincinnati Royals tennero in città Oscar Robertson.
Nel 1966 si decide di eliminare il Territorial Draft che favorisce troppo le realtà che si trovano in zone con università più forti. Ed allora la regola diventa che le ultime di ogni division partecipano ad un sorteggio: che viene estratto avrà la prima scelta, gli altri a seguire secondo l’ordine inverso della classifica, per dieci giri di draft.
Nel 1983 i Rockets vincono solo 14 partite, vincono il sorteggio e si portano a casa Ralph Sampson. L’anno successivo Sampson vince il premio di Rookie of the year, ma i Rockets arrivano ancora ultimi nella loro division, vincono la prima scelta e si prendono Olajuwon. Vengono accusati di giocare a perdere, di aver volontariamente schierato una squadra poco competitiva per prendere un’altra prima scelta, ma non sono i soli ad averlo fatto, tanto che la Nba decide che è ora di cambiare.
Si prova la strada del sorteggio integrale delle prime posizioni del draft fra tutte le squadre che non partecipano alla postseason, ma escono i Knicks che pescanoPat Ewing, e giù polemiche da parte di chi sostiene che la Lotteria è solo un modo per regalare scelte a chi dice Stern. Si passa allora all’attuale sistema, in cui ogni squadra ha un peso diverso nel bussolotto a seconda del risultato conseguito in regular season. Ma anche questo sistema fa venire voglia di giocare la carta del tanking.
GIRA LA RUOTA – Quest’anno il tanking sembra essere diventato il pensiero fisso di troppi GM, ed allora negli uffici della Nba ci si sta interrogando su quali cambiamenti apportare in futuro. Zach Lowe di Grantland si è occupato del problema, e grazie ai suoi buoni uffici è riuscito ad entrare in possesso della proposta che gira negli uffici della Lega, e che potrebbe essere sottoposta nel 2014 all’approvazione dei proprietari. Il sistema è dettoWheel System e guardando lo schema in alto si capisce facilmente il perché.
E’ una sorta di ruota che rappresenta la successione delle scelte di ogni squadra. In pratica ogni 30 anni una squadra avrebbe una prima scelta, ma la ruota è sistemata in maniera tale che ogni cinque anni si ha una scelta fra le prime sei, e che in questo intervallo c’è una scelta fra la sette e la dodici. Ad esempio, la squadra che ottiene il primo anno la scelta numero 1, avrà negli anni successivi la 30, la 19, la 18, la 7, la 6 e così via. Il sistema entrerebbe a regime dal primo draft utile, che sarebbe il primo sul quale non pendono diritti di scelta già scambiati. Questo darebbe anche il giusto tempo a tutti per cambiare le proprie strategie.
E’ chiaro che un sistema del genere elimina qualunque vantaggio legato al tanking. Nel sistema attuale un GM scarso può sempre passare per uno che programma a lungo termine, e che le sconfitte di oggi saranno le vittorie di domani, ma nel nuovo sistema quel GM andrebbe a casa, perché non avrebbe nessun vantaggio materiale dal mettere su una squadra perdente. Il problema verte proprio su questo punto: la remunerazione che riceve quello che fa il lavoro peggiore è troppo alta, quasi paradossale, il nuovo sistema invece non darebbe nessun premio all’ultimo.
PRO E CONTRO – Ovviamente la critica principale è che non da nemmeno speranze a chi sta in fondo alla classifica. Se io vinco venti partite questa stagione, non ho nemmeno la possibilità di crescere immediatamente prendendo talento importante al draft. Ma in realtà neanche adesso è tanto facile salire sfruttando solo la lotteria.
PRO E CONTRO – Ovviamente la critica principale è che non da nemmeno speranze a chi sta in fondo alla classifica. Se io vinco venti partite questa stagione, non ho nemmeno la possibilità di crescere immediatamente prendendo talento importante al draft. Ma in realtà neanche adesso è tanto facile salire sfruttando solo la lotteria. Nel 1998 Washington cambia nome e passa da Bullets a Wizards: da allora hanno giocato solo 4 postseason, eppure hanno scelto due volte con il numero 1, due volte con il 3, una volta con il 5, una volta con il 6, una con il 7 ed una con il 10. Ma sono riusciti a prendere Kwame Brown come prima scelta, Devin Harris con la cinque (con ancora disponibili Igoudala, Deng e Josh Smith fra gli altri), Jan Vesely con la 6. Gli Spurs nello stesso arco di tempo hanno avuto come migliore scelta la numero 20, eppure hanno vinto 4 anelli.
La differenza quindi, in entrambi i sistemi la farebbe la capacità di gestire la squadra, in campo e negli uffici. Un punto che viene portato avanti dai contrari a questo scenario è che aiuterebbe i grandi mercati, capaci di attirare già grandi giocatori sul mercato dei free agent e che si troverebbero anche a poter pescare con buone scelte. In realtà anche questo è un falso problema: quest’anno potremmo avere in lotteria Nets, Knicks, Bulls, Celtics e Lakers, ovvero cinque dei sette monte ingaggi più elevati, le squadre che giocano nei mercati più grandi e che portano più profitti alla Lega. Quindi l’attuale sistema non protegge i piccoli mercati, perché nessuno assicurerà a Sacramento o a Milwaukee di scegliere prima di Chicago o di Los Angeles.
E allora? E’ la via giusta quella della ruota? Dei contro ci sono senz’altro ed il più evidente è che, in un mondo che cambia a velocità sempre maggiore, pensare ad un sistema che per essere equo deve durare almeno 30 anni sembra un po’ azzardato. Se guardiamo alla Nba di 30 anni fa, troviamo una Lega a 23 squadre, in cui il totale degli ingaggi dei Celtics che si sono aggiudicati il titolo non arriva a 10 milioni, in cui la tecnologia inizia a fare capolino, in cui si gioca a ritmi alti ed i giocatori sono agili e longilinei ed il tiro da tre è ancora un oggetto misterioso. Oggi è un altro sport, e fra trent’anni chissà cosa sarà diventato. Si parla di espansioni verso la Cina o l’Europa, ma anche di nuove franchigie a Seattle e in Virginia, per non parlare delle discussioni sull’elegibilità dei giocatori che escono dal college e dei mal di pancia legati ai rinnovi dei vari contratti collettivi, ed ognuna di queste possibilità stravolgerebbe l’equilibrio del Wheel System, che è equo solo in un sistema stabile. Una sua frazione è assolutamente iniqua, la ruota, se deve girare, deve fare tutto il giro.