Il sorpasso in testa alla classifica della Eastern Conference, effettuato dai Miami Heat nei confronti dei Pacers, è la conseguenza del periodo nero che gli uomini di Frank Vogel stanno attraversando già da marzo quando erano incappati in una serie negativa di 4 sconfitte consecutive (la più lunga da quando Larry Bird è divenuto il presidente della franchigia 2 anni fa). In quel frangente, l’ex campione dei Celtics aveva apertamente criticato la squadra incapace, a suo dire, di essere aggressiva in ogni partita ma in una intervista all’Indianapolis Star, aveva asserito di non essere non tanto arrabbiato con i “suoi” ragazzi quanto, piuttosto, deluso.
Rispetto ad allora però, il vecchio Larry dovrebbe invece essere realmente inc***ato a morte con i suoi giocatori e dovrebbe far di tutto per mostrare la sua ira ai giocatori perché nell’ultimo mese i Pacers hanno dimostrato di tutto tranne che essere una squadra pronta a vincere il titolo.
Eppure, dopo aver perso la finale di Eastern Conference contro gli Heat in gara 7, i Pacers avevano operato bene sul mercato allungando le rotazioni con l’inserimento di giocatori del calibro di Luis Scola e W.J. Watson,dominando la prima parte della stagione e diventando la squadra da battere non solo a Est ma anche a Ovest, in virtù di un un record, al 2 marzo, di 46-13 che la poneva 1 partita e mezzo avanti a Oklahoma e 2 e mezzo davanti ai campioni in carica dei Miami Heat.
Da quel momento, però, qualcosa è cambiato. Nelle successive 19 gare i Pacers hanno segnato un 7-12 non degno di una squadra che lotta per grandi obiettivi e se due di queste vittorie sono venute con Chicago e Miami, le altre cinque sono arrivate con squadre come Boston e per due volte contro Philadelphia e Detroit tutte squadre nettamente inferiori ai Pacers e con nulla più da chiedere alla stagione in corso. Ma non è tutto: nelle ultime 13 gare contro squadre in lotta per arrivare ai playoff la squadra di Vogel ne ha vinte solo 2!
Questi risultati scadenti sono il frutto dell’involuzione della squadra sia nella propria metà campo che nell’altra. Le strette maglie difensive dalla squadra di Vogel fino al 2 marzo (91.2 punti di media concessi agli avversari) si sono allentate tanto che dal 4 marzo in poi i Pacers hanno concesso mediamente 94.9 punti a gara. In attacco invece i Pacers hanno semplicemente smesso di essere una squadra dimenticandosi cosa significhi passare la palla al compagno meglio piazzato e così nelle ultime 19 gare le percentuali dal campo dei giocatori sono crollate attorno al 42% con una media di 89 punti realizzati a gara.
Alcuni segnali che qualcosa non stesse andando per il meglio li si potevano intravedere già quando i risultati erano ottimali: in diversi si domandavano se le prestazioni di Paul George non stessero nascondendo il reale valore di Indiana, se Roy Hibbert non fosse un po’ troppo escluso dal gioco d’attacco e se George Hill fosse davvero un playmaker in grado di portare la squadra al titolo.
Dopo la pesante sconfitta in casa per 77-103 inflitta dagli Spurs ai Pacers (accompagnata dai primi, forse ancora ingenerosi, fischi) Roy Hibbert aveva esternato la propria difficoltà nel giocare non ricevendo palloni dai compagni:
“Egoisti. Qui ci sono alcuni ragazzi egoisti. Sono stanco di parlarne. E’ un mese che ne parliamo. Giochiamo con la giusta intensità ma dobbiamo far girare la palla. Non so quale posizione ricopriamo nella classifica degli assist a gara in campionato, ma non credo siamo in alto.” ha detto Hibbert che ha poi continuato “Sto cercando di non mollare ora, ma non so…ho dato i miei consigli, lo facciamo per una partita e poi torniamo ad essere quelli di prima. Non sta me risolvere la questione ma noi lunghi facciamo solo figuracce là fuori.”
A sostegno della posizione del lungo prodotto della Georgetown University effettivamente per media assist a gara i Pacers sono 27-esimi con meno di 20 assist a gara nonché 22-esimi per efficienza offensiva. Insomma in attacco i Pacers si sono troppo spesso affidati alle giocate dei singoli e quel che è ancora peggio è che con l’inizio della crisi di risultati questo aspetto si è ancor di più acutizzato.
Per questo Bird deve intervenire anche snaturando in parte la sua natura di dirigente che non si intromette negli “affari tecnici” della squadra. Non si tratta di mettere in discussione coach Frank Vogel o di minacciare il posto di qualcuno, semplicemente si tratta di riportare la calma in una squadra che ha mostrato delle potenzialità per competere per il titolo NBA ma che sta gettando alle ortiche questa opportunità per delle beghe interne allo spogliatoio.
Vogel è ben visto e rispettato dai suoi giocatori ma in questo momento non ha l’autorità necessaria per farsi sentire, prigioniero della sua stessa “storia”: Vogel non era nessuno due anni fa e non ha ancora vinto nulla. Ancora meglio, le quotazioni di Vogel sono cresciute di pari passo con quelle della squadra e in questo momento il rischio è che la squadra lo percepisca più come una sua parte integrante che non come un “condottiero”.
E in questo momento, in casa Pacers, c’è solo una persona ad aver vinto qualcosa, e questa persona è proprio lui, Larry Bird, l’uomo che ha costruito questo gruppo e i cui movimenti di mercato durante la stagione (dentro: Andrew Bynum e Evan Turner – fuori: Orlando Johnson e Danny Granger) si sono dimostrati un vero disastro. E’ il momento che Larry Legend faccia sentire tutto il peso del suo carisma alla squadra e quando lo farà, dovrà essere molto più inc***ato che deluso.