Sul massiccio montuoso delle Black Hills, nel South Dakota, sorge il celebre Mount Rushmore. Su questo complesso granitico furono scolpiti, a partire dal 1927, i volti dei quattro presidenti americani più importanti della storia degli Stati Uniti. Da sinistra, George Washington, Thomas Jefferson, Theodore Roosevelt e Abraham Lincoln, a rappresentare, rispettivamente, la nascita, la crescita, lo sviluppo e la conservazione degli States. Nell’immaginario collettivo degli americani, il Monte Rushmore rappresenta l’eccellenza del proprio Paese. Riflessione che, non si limita alla politica, ma esula in vari campi, tra i quali, ovviamente, quello sportivo. Ci si è dunque sbizzarriti più volte nello “scolpire” un Rushmore del basket NBA, con i volti dei quattro cestisti più forti di sempre. Fin ora, nulla di anormale; siamo in America, bisogna osannare i più grandi. Il problema, però, si pone proprio qui. Come stabilire i “migliori” di sempre? Ignorando bellamente la questione “ha senso o no?”, sarebbe quanto meno opportuno stabilire un criterio per la scelta. Anche perché, non possono esserci ripensamenti, un volto, una volta scolpito nel granito, non può essere mica cambiato. Cosa intendiamo per “più forte”? Certo, possiamo dire che, quasi sicuramente, Kevin Durant sia più forte di Matt Barnes; stesso ruolo, stessa epoca, tanti confronti diretti tra i due da poter utilizzare come campione. [Inciso. I due hanno giocato contro 30 volte. Grazie a Statmuse abbiamo le statistiche medie di Durant e Barnes in quei 30 incontri. KD, 40 minuti, 29,1 punti, 7 rimbalzi, 4,6 assists, 48% al tiro; Barnes, 23,9 minuti, 7,9 punti, 4,5 rimbalzi, 1,6 assists, 39% al tiro. Per i numerosi che se lo stessero chiedendo. Fine inciso.] Detto dunque di Durant>Barnes, potremmo anche azzardare una supremazia di tale Michael Jordan (auguri passati Mike!) su tale Clyde Drexler (anche se The Glide non è per niente d’accordo). Su giocatori di epoche diverse, però, difficile dichiararsi. E cosa dire, ancora, di giocatori che, oltre all’epoca, non condividono nemmeno il ruolo? È meglio Magic Johnson o Wilt Chamberlain? Non si può dire. Ad un certo punto, quindi, bisogna affidarsi alla componente soggettiva che tutte le classifichecomparazioni richiedono. In ogni caso, per rederci la vita un pelino più facile, escluderemo i giocatori ancora in attività (mi dispiace per i fans di Matt Barnes) e divideremo i restanti in 4 epoche: anni Sessanta, anni Settanta, anni Ottanta e anni Novanta. Sessanta Il dualismo che segnò indelebilmente l’NBA degli anni ’60 fu quello tra William Felton Russell e Wilton Norman Chambarlain. Uno scontro incredibile tra due titani. Da una parte The Big Dipper, il giocatore più dominante dell’epoca, forse di sempre (ci risiamo…), contro il miglior difensore di post basso di sempr… vabbè, un tipo che difendeva bene. Dal punto di vista puramente individuale, Wilt (notare che quando ti chiamano solo per nome, significa che sei forte) era semplicemente migliore. Un attaccante praticamente inarrestabile (unico punto debole erano i liberi), capace di chiudere il suo primo anno NBA a 37 punti di media (conditi da 27 rimbalzi), per poi raggiungere il picco due anni dopo, quando firmò la celebre stagione da 50+25 (giocando 48,5 minuti a sera, ovvero tutti quelli disponibili). Russell, dal canto suo, aveva grandi doti difensive (purtroppo, all’epoca non venivano conteggiate le stoppate, che, secondo testimoni oculari, sarebbero state almeno 15 a gara) e di rimbalzista. In un ipotetico 1-contro-1, però, l’esito sarebbe stato scontato. Ma a pallacanestro si gioca in 5 (o, se vogliamo, in 12, senza considerare coach e dirigenti…). E, in cinque, il campo diede sempre ragione a Russell. Bill può vantare 11 anelli (raccolti in appena 13 anni di carriera), contro i due di Chamberlain. In particolare, nei 10 anni in cui furono contemporaneamente nella NBA, Russell vinse 9 titoli, lasciando a Wilt solamente quello del 1967, nell’unica vera sconfitta della carriera del numero 6 biancoverde (la sola altra volta che non vinse il titolo, nel ’58, era infotunato). For more on Russell, vi rimandiamo qui. L’altro dualismo che caratterizzò quegli anni fu quello tra Oscar Robertson e Jerry West. Entrambi ibridi tra il ruolo di playmaker classico e di guardia tiratrice, furono (e sono tutt’oggi) meno “popolari” di Russell-Chamberlain. Entrambi, nonostante carriere stellari, vinsero un solo titolo (eh già… c’era Bill…), nei primi anni ’70 (Big O nel 1971, Mr Logo nel 1972). La loro storia NBA comincia nel 1960, quando vengono draftati da Cincinnati e Los Angeles (Robertson con la numero 1, West con la 2). L’impatto di Oscar è subito devastante: pronti via e al primo anno fa registrare 30,5 punti, 10,1 rimbalzi e 9,7 rimbalzi, sfiorando la tripla doppia di media. Appuntamento solo rimandato, però. Nella stagione 6162, infatti, le sue cifre parlano di 30,8 punti, 12,5 rimbalzi e 11,4 assists. Sarà il primo ed unico giocatore ad esserne capace. Flirterà ancora con i 30+10+10 per altre 3 stagioni, prima di vedere i suoi numeri scendere fisiologicamente. Nel frattempo, West non sta certo a guardare. Le sue cifre sono inferiori a quelle del rivale (anche se finirà comunque sopra i 30 di media in 4 diverse stagioni), ma anche Jerry riesce a stabilire un record, tutt’ora imbattuto (e imbattibile); nel ’69 diventa MVP delle Finals, pur giocando nella squadra perdente. Entrambi termineranno la carriera affiancati (o affiancando) due grandissimi centri; Chamberlain per West e Lew Alcindor-Kareem Abdul Jabbar (protagonista del prossimo capitolo) per Robertson. Di seguito, uno dei rarissimi video dell’epoca, una sfida tra Bucks e Lakers. Da una parte West e Chamberlain, dall’altra Robertson e Jabbar. Con questa vittoria, Milwaukee interruppe la striscia di 33 W consecutive di LA, record tutt’ora imbattuto. Adesso arriva il bello. Chi scegliere tra queste quattro leggende? Il gusto personale è estremamente rilevante, dunque ogni scelta sembra essere sensata. Noi prendiamo Bill Russell, il più vincente di tutti, colui il quale rendeva migliori i compagni ed ha cambiato per sempre questo Gioco. [Menzione d’onore per Elgin Baylor] tumblr.com | Russell in marcatura su Wilt Settanta Gli anni ’70 vedono l’inizio del dominio personale di Kareem Abdul Jabbar. Nonostante vinca solamente uno dei suoi 6 anelli, è proprio in questi primi 10 anni di carriera che KAJ è più dominanate. Dopo aver vinto 3 titoli NCAA in 3 anni, infatti, Jabbar viene scelto nel Draft del 1969 dai Bucks, con la chiamata numero 1. L’ex Lew Alcindor dimostra di essere il perfetto erede di Russell e Chamberlain. Le sue cifre sono pazzesche; sempre intorno ai 30 punti (con un massimo di 34,8) nelle sue prime 7 stagioni, a cui aggiunge circa 15 rimbalzi di media. A questo aggiunge grandi doti di passatore, braccia lunghissime che gli permettono di stoppare svariati tiri (nonostante vennero conteggiate solamente a partire dalla sua quinta stagione, è 3° all-time per stoppate totali) e un’ottima tecnica. Probabilmente, Jabbar sarà sempre ricordato come l’inventore dello ‘Sky Hook‘, l’immarcabile gancio-cielo. Grazie ai suoi 219 centimetri d’altezza e le sue lunghe braccia, infatti, questo movimento era praticamente impossibile da stoppare. In molti, però dimenticano che Kareem possedeva un’ampia gamma di movimenti offensivi, tutti contraddistinti da una straordinaria eleganza per un uomo di quelle dimensioni. Jabbar, inoltre, venne inserito 11 volte nei quintetti All-Defense. La sua qualità migliore, però, fu probabilmente la longevità. KAJ giocò 20 stagioni nella NBA, segnando non una, ma ben due decadi (vinse 5 titoli negli anni ’80). Fu All Star in 19 occasioni, vinse 6 titoli di MVP e 2 di MVP delle finali (a 14 anni di distanza l’uno dall’altro, a proposito di longevità…). Ma Jabbar non fu l’unica superstar di quella decade. Walt Frazier segnò l’epoca più vincente dei New York Knicks, con i titoli vinti nel ’70 e nel ’73. In quelle Finals del 1970, firmò una delle prestazioni più incredibili di sempre. Nella decisiva gara 7 contro i Lakers di West e Chamberlain, segnò 36 punti, a cui aggiunse 19 assists, 7 rimbalzi e 5 recuperi. La partita passò però alla storia grazie a Willis Reed, che giocò zoppicando, segnando 2 canestri decisivi nel finale. Oltre a Frazier troviamo Elvin Hayes che, pur essendo stato 12 volte All Star e 4° rimbalzista All-Time, vinse un solo titolo, nel 1978. Furono grandi anche John Havlicek, continuatore della dinastia di Boston (è il miglior marcatore della storia dei biancoverdi, nonché primo per partite giocate e secondo negli assists) e Julius Erving, che però raggiunse l’NBA solo nel ’76, dopo esser stato la faccia della ABA. Il Dottore era un giocatore di un’eleganza incredibile, grande atletismo e ottime doti di uomo-squadra. In NBA disputò 4 finali, vincendo solamente all’ultimo tentativo, da spalla di Moses Malone. Erving fu un giocatore decisivo per le generazioni future; in molti, tra i quali Jordan e LeBron James, lo hanno indicato come modello al quale ispirarsi. Nonostante l’abbondanza di stelle, qui abbiamo pochi dubbi. Per la decade 70-79, scolpiremo il volto di Kareem Abdul Jabbar. Per noi, i migliori di sempre (concedeteci questa espressione, almeno questa volta!).