Gara 4 (serie 4-0)
Golden State Warriors @ San Antonio Spurs 129-115 (31-19; 65-51; 96-78)
Ecco qualcosa di cui parlare per diverse decadi: i Golden State Warriors accedono alle NBA Finals, e sono il primo team a farlo a seguito di un 12-0 nei primi tre turni di playoff, record che potrà essere solo eguagliato negli anni a venire. Commendevole lo sforzo degli Spurs, ridotti ormai all’osso, che hanno provato a frapporsi tra i loro avversari e questa milestone fino alla fine, venendo però spazzati via dalla potenza dei californiani.
All’inizio di gara 4 coach Pop provava a mischiare le carte inserendo Manu Ginobili nel quintetto iniziale in luogo di Kyle Anderson, non per una ragione tattica, ma per la tenera preoccupazione che quella potesse essere l’ultima dell’uomo da Bahia Blanca in maglia Spurs, e con uno slancio di enorme umanità, l’allenatore non voleva perdere l’occasione di onorarlo davanti al suo pubblico. Mentre ogni singola giocata di ”El contusion” si trasformava immediatamente in nostalgia, gli Warriors ritenevano che il modo migliore per omaggiarlo fosse giocare al massimo delle proprie potenzialità, e con l’incontrastabile allegria che li distingue nei momenti positivi, facevano il solco ben presto per via delle giocate di uno Steph Curry in stato di grazia in questa postseason, nella fattispecie in versione attaccante al ferro. L’ottima prestazione di Kyle Anderson teneva sotto i 20 punti lo svantaggio di San Antonio, ma ogni qual volta Golden State premeva sull’acceleratore si notava la facilità con cui distanziava gli avversari impossibilitati nelle loro condizioni di fronteggiare il penetra e scarica, lo spacing e la mano calda degli attaccanti californiani. Ad orchestrare tutto ciò: Kevin Durant e Steph Curry, l’asse dominante di questi playoff, con buona pace di Klay Thompson.
L’orgoglio dei texani portava loro fino al -10 di metà terzo periodo, ispirato in particolar modo da Jonathon Simmons, insieme a Manu l’MVP della serie per gli Spurs. L’AT&T ci mette del suo, creando quell’atmosfera che tutti conoscono all’interno di quel palazzetto nei grandi momenti, ma Curry e KD si divertivano a vedere la folla ammutolirsi tutta d’un colpo, e con un parziale di 11-3 sul finale di quarto riportano coach Brown sopra di 18 punti. Tutto lo spirito Spurs di un ventennio straordinario nell’azione che li portava a -14, dove Kyle Anderson schiaffeggiava un pallone verso Mills mentre si lanciava a terra, l’australiano premiava la sovrapposizione sullo stesso lato alla Javier Zanetti di Ginobili e quest’ultimo andava a segno con la tripla mancina: a Pop scappava da sorridere ed applaudire, perché fuor di agonismo puoi renderti conto della vera natura di un uomo buono. Purtroppo per loro, agli Spurs sono mancate quasi del tutto le due torri Aldridge-Gasol in questa serie, pigri difensivamente e apatici offensivamente come testimoniava il canestro di David West nel possesso successivo, col catalano rinunciatario nel close-out. Ad ogni modo, finale a braccia alzate per gli ospiti, che si sono dimostrati più forti in quasi ogni aspetto del gioco, e la sensazione è che anche con Leonard non sarebbe andata molto diversamente. Certo gli amanti del gioco sono stati defraudati di uno spettacolo che si attendeva da qualche anno ma, per certi versi, è stao meglio che questo atteso passaggio di testimone tra le due franchigie sia avvenuto senza lasciare dubbio alcuno, di modo che si consacrasse definitivamente la nuova forza dominante ad Ovest, sotto gli occhi di quella precedente.
MVP Basketinside.com: Bisognerebbe dividerlo per frangenti della partita, che in quanto a significati è durata tre quarti, e sarà fatto: per i primi 18′ premio a Steph Curry, per i 18′ successivi riconoscimento per Kevin Durant.
Warriors (4-0): Dr. Green 16, Durant 29 (12 rimbalzi), Curry 36, McCaw 6, Thompson 10, West 4, McAdoo, Barnes, Iguodala 7, McGee 2, Jones 2, Livingston 5, Clark 12.
Spurs (0-4): Aldridge 8, Mills 14, Ginobili 15, Green 9, Simmons 13, Bertans 2, Dedmon 3, Gasol 14, Murray 9, Anderson 20, Forbes 8.