30×30: I Miami Heat

0

  http://pirun.ku.ac.th Per chi non conosce la storia dei Miami Heat e si è avvicinato da poco al mondo NBA, quello che seguirà potrebbe essere uno dei racconti più sconvolgenti che abbia mai letto. Per moltissimi, i Miami Heat sono la squadra fashion della Lega. La squadra dei Big Three, dei tifosi famosi e dei bandwagons. Beh, cancellate questo luogo comune dalla vostra mente.

Un inizio difficile

Gli Heat sono una delle squadre “giovani” della NBA, essendo entrati nella Lega nel 1988 (l’anno scorso hanno festeggiato i loro 25 anni, con tanto di maglie celebrative). Se è vero che il buon giorno si vede dal mattino, la ‘giornata’ di Miami sembrava piuttosto nuvolosa. Iniziano la stagione con una sconfitta casalinga di 20 punti contro i Clippers per poi perderne altre 16 consecutive, tra cui il -47 (esatto, menoquarantasette) contro i Lakers: 0-17 di record all’esordio, “bene ma non benissimo” (cit.). Terminano la loro prima stagione NBA con 15 vittorie e 67 sconfitte. Non è tutto da buttare però il primo anno degli Heat; draftano infatti il centro libanese Rony Seikaly con la 6a chiamata assoluta (prima chiamata ad un Draft nella storia di Miami), che giocherà 6 stagioni in Florida, finendo a 17,1 punti e 11,5 rimbalzi di media. Nel Draft dell’89 Miami sceglie Glen Rice (con la numero 4) e Sherman Douglas (numero 28). Douglas, una point guard di 180 centimetri, chiuderà le 3 stagioni agli Heat con 16 punti e 7,9 assists mi media, tirando con il 50% dal campo; Rice resterà invece per ben 6 stagioni in Florida, a 19,3 punti e 4,9 rimbalzi di media, affermandosi come prima punta realizzativa della squadra e come uno dei tiratori più mortiferi dell’intera Lega. È infatti appartenuto a lui il record di punti in singola partita nella storia della franchigia (56 con 78 da 3 contro i Magic), fino a qualche mese fa, quando LeBron James ne ha realizzati 61 contro Charlotte. Nonostante queste due aggiunte, la squadra guidata da Ron Rothstein (attualmente uno dei personaggi più amati dai tifosi, dal 2004 assistente prima di Riley e poi di Spoelstra) non solo non riesce a centrare i Playoffs, ma addirittura finisce ancora con uno dei record più bassi della Lega: 18-64. La squadra si ripete nella stagione 90-91, vincendo appena 22 partite e, ovviamente, mancando l’accesso ai Playoffs.

La prima volta

Nel Draft del 1991 Miami sceglie Steve Smith con la quinta chiamata assoluta e viene assunto Kevin Lougherty, un ex giocatore NBA, come head coach. La squadra, guidata da uno straripante Rice da 22,3 punti a partita, riesce finalmente a raggiungere i Playoffs (seppur, ancora una volta, con un record negativo, 38-44). Durante la stagione Miami subisce un’altra umiliazione, stavolta per mano dei Cleveland Cavaliers, subendo la sconfitta più larga della storia per una partita NBA, un incredibile 148-80 (-68). Anche ai Playoffs la dea bendata non sembra sorridere ai giovani Heat, che devono vedersela con i Bulls di Jordan, a caccia del loro secondo titolo: un 3-0 senza possibilità di replica. Gli Heat sono troppo giovani e inesperti e Jordan gli impartisce una lezione che non dimenticheranno: termina la serie con 45 punti, 9,7 rimbalzi, 6,7 assists, 3 recuperi e 1 stoppata di media, tirando con il 60,9% dal campo. La stagione 92-93 porta altre delusioni (record di 36-46 e niente Playoffs). Per il primo record positivo nella storia dei Miami Heat bisogna aspettare la sesta campagna NBA della franchigia, che termina la stagione 93-94 con 42 W e 40 L. Nei Playoffs incontra gli Atlanta Hawks e vincendo gara 1 ottiene la prima vittoria ai Playoffs nella storia della franchigia. Nonostante un altro successo in gara 3, gli Heat perdono la serie per 3-2, uscendo di nuovo al primo turno. Nella stagione seguente il record di 32-50 non permette a Miami di accedere ai Playoffs. Durante la offseason avviene la prima svolta della storia dei Miami Heat: la famiglia Arison (di origini isdraeliane) acquista per intero la franchigia. Viene inoltre licenziato Loughery e viene ingaggiato Alvin Gentry come capo allenatore.

Pat Riley

La stagione 1995-96 comincia con due novità: Micky Arison ingaggia Patrick James Riley, l’ex allenatore dei Lakers dello showtime e dei New York Knicks più duri di sempre. Sotto la sua guida Miami termina la stagione con 42 vittorie e 40 sconfitte. La seconda novità riguarda la trade che porta Alonzo Mourning in Florida, in cambio di Glen Rice. Mourning rappresenterà l’ancora difensiva della squadra di Riley, nonchè un realizzatore dal post basso da 23 punti a partita nel suo primo anno. A metà stagione vengono inoltre scambiati Bimbo Coles e Kevin Willis, in cambio di Chris Gatling e Tim Hardaway. Ancora una volta, però, la corsa Playoffs si conclude già al primo turno, dove gli Heat incontrano di nuovo i Bulls, decisi a tornare alla vittoria dopo 2 anni. Ancora una volta, la serie è senza storia (Miami perde con uno scarto medio di 23 punti). Pippen fa registrare medie da 19,7 punti, 11,3 rimbalzi, 7 assists, 3 recuperi e 1,7 stoppate con il 56% al tiro. Nelle 5 stagioni successive Miami attraversa alcuni dei momenti più dolci e, allo stesso tempo, amari della propria storia. La squadra di Riley infatti mette insieme un record di 251-95, qualificandosi sempre per i Playoffs. Nel 96-97 raggiungono la Finale di Conference dopo aver battuto i rivali degli Orlando Magic (3-2) e dei New York Knicks (4-3). Prima di arrivare alla finale, però, l’ultimo ostacolo sono, di nuovo, i Bulls di Jordan, Pippen e del rivale di Riley, Phil Jackson. Si scontrano due filosofie di basket molto diverse, con gli Heat che dovranno arrendersi in 5 gare allo strapotere difensivo di Chicago (che concederà a Miami appena 78,6 punti per partita).

floridaagenda.com
Nei tre anni successivi gli Heat vengono sempre eliminati dai New York Knicks di Jeff Van Gundy, l’ex assistente di Riley proprio a New York. Sono queste alcune delle sfide di Playoffs più fisiche e dure degli ultimi 20 anni.  Nel ’98 gli Heat perdono la decisiva gara 5 a Miami, non potendo contare su Alonzo Mourning, squalificato a causa di una rissa con Larry Johnson (tra l’altro i due erano compagni a Charlotte). Nel ’99 la truppa di Riley si presenta addirittura come prima testa di serie, ma i Knicks stravincono gara 1 95-75, tenendo Hardaway a 4-19 al tiro. Miami pareggia la serie in gara 2 e riesce a evitare l’eliminazione in gara 4, vincendo con autorità al Madison (87-72). In gara 5 però succede l’incredibile, con Miami che perde di un punto nei secondi finali (78-77), sul game winner di Allan Houston. Nel 2000 Miami riesce finalmente a superare il primo turno (un secco 3-0 a Detroit) e si trova contro ancora una volta i Knicks. Come nelle due annate precedenti, gli Heat hanno il fattore campo e, come nelle due annate precedenti, la serie arriva alla “bella” (stavolta è una gara 7). L’epilogo è sempre lo stesso, con New York che festeggia sul campo dei rivali, vincendo 83-82 un’altra partita all’ultimo respiro. Al termine della stagione Mourning gioca e vince le Olimpiadi, ma al suo ritorno gli viene diagnosticata una glomeruloscerosi segmentaria e focale, che si manifesta con un’insufficienza renale, probabilmente causata dal largo uso di antidolorifici a cui ricorreva Mourning per poter giocare anche in condizione fisiche pessime. Le cure a cui si sottopone gli permettono di disputare solo 13 partite. Nonostante questo, gli Heat ottengono un record di 50-32. Ai Playoffs, però, Miami non può vincere senza un Mourning al meglio, e infatti la squadra viene sweeppata dagli Hornets. L’anno dopo Alonzo si rimette in forma e gioca una stagione più che discreta (15,7 punti, 8,4 rimbalzi e 2,5 stoppate), ma la squadra non è più quella di prima (non c’è più Hardaway) e gli Heat non approdano ai Playoffs. Come se non bastasse le condizioni di Mourning peggiorano, e Riley deve fare a meno del suo centro per tutta la stagione 2002-03, con Miami che vince appena 25 partite.

Una nuova stella

Nella stagione successiva Riley abbandona la panchina e al suo posto subentra Stan Van Gundy (proprio il fratello del suo rivale ai Knicks). In estate arriva il colpo che cambia definitivamente la storia della franchigia, ovvero la scelta di Dwyane Wade (5a chiamata assoluta) nel Draft del 2003. Riley, nel frattempo entrato a far parte della dirigenza, dichiarerà tempo dopo che rimase indeciso fino all’ultimo su chi scegliere tra Wade e Chris Kaman. Inutile dire come in pochi secondi sarebbero potuti cambiare i destini di varie franchigie per la decisione di un uomo solo. Dalla Free Agency arriva anche Udonis Haslem, nativo di Miami. Nella sua stagione da rookie Wade semplicemente trascina Miami ad un record positivo (42-40) e gli Heat tornano ai Playoffs dopo 2 anni di assenza. Al primo turno incontrano New Orleans. In gara 1, la prima partita in carriera ai Playoffs, Wade realizza 21 punti, con 5 rimbalzi e 5 assists segnando il canestro della vittoria in faccia a Baron Davis e Jamaal Magloire. Miami vince la serie per 4-3, anche grazie a Caron Butler e Lamar Odom. Al secondo turno, però gli Heat si arrendono in 6 gare ai Pacers, decisamente più esperti.

Durante la offseason avviene un altro evento fondamentale per la franchigia della Florida; Pat Riley organizza una trade che porta Shaquille O’Neal a Miami, in cambio di Odom, Butler e Brian Grant. La prima stagione di Shaq con gli Heat è un successo, con la squadra che vince 59 partite e arriva fino alle finali di Conference, perdendo solo a gara 7 contro i Detroit Pistons. In estate Riley decide quindi di rinforzare la squadra con gli arrivi di alcuni veterani come Gary Payton (compagno di Shaq ai Lakers), Antoine Walker e Jason Williams, oltre a Jason Kapono e James Posey. Ma, ancora più fondamentale, c’è il ritorno di Alonzo Mourning, che disputerà la stagione da back-up di O’Neal, dopo aver subito un trapianto di rene. A metà stagione, inoltre, Riley decide di tornare in panchina, sostituendo Van Gundy. Gli Heat si qualificano ai Playoffs con un record di 52-30. Al primo turno si prendono una piccola rivincita sui Bulls (la loro bestia nera negli anni ’90), al secondo battono per 4-1 i Nets e in Finale di Conference ottengono un’altra vendetta, battendo i Pistons per 4-2. In Finale trovano i Dallas Mavericks, che in stagione li avevano battuti 112-76. Miami perde nettamente le prime due partite a Dallas, con Shaq molto al di sotto delle sue possibilità. Ma quando la serie si sposta alla “Triple A” di Miami, tutto il mondo assiste alla consacrazione di Dwyane Wade; sotto di 13 a 6 minuti e mezzo dalla fine, gli Heat si rifiutano di perdere gara 3. Wade inizia a segnare in ogni modo (finirà con 42 punti e 13 rimbalzi) e Miami è in pareggio e con il possesso per vincere. La palla va ovviamente a Wade, che viene raddoppiato, scarica per Williams che attacca in penetrazione e scarica a sua volta per Payton, che fino a quel momento non aveva tentato nessun tiro nei 19 minuti trascorsi sul parquet. L’ex Sonics finta il tiro e manda al bar Josh Howard, fa un palleggio, si arresta e segna il +2 a 9 secondi dalla fine. Dallas spreca poi due oppurtunità per pareggiare e Miami riapre la serie. In gara 4 gli Heat ne hanno semplicemente di più e sbaragliano i Mavs, ancora scossi dalla rimonta nella partita precedente, per 98-74. In gara 5 è ancora Wade-show; il ragazzo di Chicago segna 43 punti, compresi i due del pareggio allo scadere dei regolamentari e i due liberi sul -1 a 1,9 secondi dalla fine. Gara 6 invece è la partita simbolo di Alonzo Mourning, che partendo dalla panchina, realizza 8 punti, prende 6 rimbalzi e stoppa 5 tiri in appena 14 minuti di gioco. Dallas nel finale spreca l’ennesima occasione per pareggiare e gli Heat si laureano campioni per la prima volta nella loro storia. Wade viene premiato MVP delle finali (34,7 punti, 7,8 rimbalzi, 3,8 assists, 2,7 recuperi e 1 stoppata di media).

forums.2k.com

Ricostruzione

L’anno successivo O’Neal e Wade devono fare i conti con vari problemi fisici, ma gli Heat riescono comunque ad arrivare ai Playoffs, con un record di 44-38. Al primo turno subiscono però uno sweep dai Bulls. Nella stagione 2007-08 viene ceduto O’Neal, e gli Heat eguagliano il peggior record della loro storia, con sole 15 vittorie e 67 sconfitte, con Wade costretto in panchina per 31 partite a causa di vari infortuni. Riley lascia la panchina ad Erick Spoelstra, video cordinator e poi assistente allenatore a Miami dal ’97. La stagione seguente vede Wade di nuovo al meglio della forma; Flash guida gli Heat ai Playoffs (43-39 di record) grazie a prestazioni da MVP: 30,2 punti, 7,5 assists, 5 rimbalzi, 2,2 recuperi e 1,3 stoppate di media. Al primo turno, però gli Atlanta Hawks si dimostrano più profondi, e battono Miami in 7 partite. Anche la stagione 09-10 si conclude al primo turno di Playoffs, con gli Heat sconfitti per 4-1 dai Celtics (poi campioni).

Big Three

Nell’estate 2010 avviene uno dei colpi di mercato più sensazionali della storia della NBA. A Miami arrivano infatti sia LeBron James che Chris Bosh, oltre a Mike Miller e Zydrunas Ilgauskas. La stagione è caratterizzata dall’odio di tutto il mondo cestistico verso LeBron e tutti gli Heat. In ogni caso Miami riesce a vincere 58 partite in stagione regolare e ai Playoffs rifila 3 4-1 consecutivi a Philadelphia, Boston e Chicago. In Finale è attesa ancora dai Dallas Mavericks. Dopo la vittoria in gara 1, Wade e compagni sono sopra di 15 a 7 minuti dalla fine. A quel punto, Dallas costruisce un parziale di 20-2 e si porta sopra di 3 punti a 26 secondi dalla fine. Sulla rimessa seguente però Terry perde inspiegabilmente Chalmers nell’angolo, perfettamente pescato da James: gli Heat pareggiano a quota 93. ma nell’ultima azione Nowitzki batte in isolamento Bosh e appoggia al vetro il +2. Miami senza timeout è costretta a tirare da centrocampo, con Wade che va sul secondo ferro. Gli Heat rispondono alla grande in gara 3, vincendo di 2 punti, ma nelle successive tre gare Jason Terry e Nowitzki, serviti da un superbo Kidd, demoliscono la difesa di Miami, che perde la serie per 4-2.

Durante l’estate, gli Heat non ritoccano eccessivamente il roster, ingaggiando solamente Shane Battier dalla free agency e Norris Cole nel draft. Durante la stagione accorciata per il lockout, la truppa di Spoelstra vince 46 delle 66 partite giocate e ai Playoffs annichilisce New York con un 4-1. Al secondo turno gli Heat incontrano i Pacers e vincono gara 1. A metà di gara 2, però, Chris Bosh subisce uno stiramento addominale ed è costretto a saltare l’intera serie. Sotto 2-1 nella serie e con gara 4 ad Indianapolis gli Heat offrono una prova di forza da parte delle loro stelle: James chiude a 40 punti, 18 rimbalzi e 9 assists, mentre Wade a 30 punti, 9 rimbalzi e 6 assists. In gara 5 Miami distrugge letteralmente i Pacers, per poi chiudere la serie in gara 6, ancora con il duo in evidenza: 28-7-6 per James e 41+10 per Wade. In Finale di Conference ad attenderli ci sono ancora una volta i Boston Celtics. Nelle prime due gare gli Heat conquistano due vittorie, e la serie sembra finita. Ma a Boston cambia l’atmosfera, e i Celtics ribaltano totalemente la serie e vincono anche in gara 5 a Miami, nonostante il rientro di Chris Bosh. In gara 6 James è di nuovo con le spalle al muro e disputa una partita da consegnare ai posteri: 45 punti, 15 rimbalzi e 5 assists che rimandano tutto a gara 7. Sul terreno amico la squadra della Florida vince 101-88 e raggiunge di nuovo la finale, contro i giovani e inesperti OKC Thunder. Durant e compagni vincono gara 1 piuttosto nettamente (KD 36 punti e 8 rimbalzi all’esordio in Finale), ma devono arrendersi a LeBron James in gara 2. Sull’1-1 e con 3 partite di fila sul proprio campo, gli Heat sono come degli squali che sentono l’odore del sangue. Vincono gara 3 e gara 4 nel finale. In gara 5 Miami asfalta letteralmente la squadra di Brooks, con LeBron che realizza una tripla doppia e viene premiato MVP delle Finali.

http://silverandblacknews.wordpress.com

Nella stagione 2012-2013 gli Heat partono di nuovo favoriti e disputano una regular season da 66 vittorie (record di franchigia) di cui 27 consecutive (seconda miglior striscia nella storia della NBA). Ai Playoffs trovano i Bucks e li spazzano via per 4-0; al secondo turno se la vedono con Chicago, ed è un altro 4-1. In Finale di Conference incontrano di nuovo i Pacers, battendoli in Gara 7 e raggiungendo la terza finale consecutiva. Ad attenderli ci sono i San Antonio Spurs degli “altri” Big Three. La serie è combattuttisima e viene risolta solo alla settima, dopo vari “miracoli” da entrambe le parti; in gara 1 Tony Parker consegna la vittoria agli Spurs con un tiro allo scadere dei 24, rialzandosi da terra. Ma è in Gara 6 che avviene una delle rimonte più sensazionali della storia delle Finali, con gli Spurs sopra di 13 nella seconda frazione e ancora +5 con 28 secondi da giocare, gli Heat trovano due insperati rimabalzi offensivi che consegnano nelle mani di James prima, e di Allen poi, le due triple che mandano la partita all’overtime. Il tiro di Ray Allen (per i tifosi di Miami già diventato “The Shot“) in particolare resterà sempre nella storia della franchigia, con l’ex Celtics che indietreggia mentre riceve il pallone e scaglia in controtempo un tiro praticamente impossibile. Dopo la vittoria nell’overtime per 101-100, James guida i suoi anche in gara 7, realizzando 37 punti (con 12 rimbalzi) riconfermandosi così MVP delle Finals. Gli Heat realizzano così il “back-to-back”.

g
“That’s me in the corner, that’s me in the spotlight” cantavano i R.E.M in Losing My Religion (espn.go.com)

La stagione successiva vede ancora gli Heat approdare alle Finali per la 4a volta di fila (gli ultimi erano stai i Celtics di Bird) dopo aver vinto 54 partite in stagione regolare ed aver battuto Charlotte (4-0), Brooklyn (4-1) e di nuovo Indiana (4-2). Alle Finals però gli Heat trovano ancora gli Spurs, che con il vantaggio del campo e un basket spettacolare ed efficace distruggono la difesa di Miami e vincono in appena 5 partite. L’unico giocatore di Miami al suo livello è Lebron James, che da solo non può bastare. Dall’altra parte Parker, Duncan e Ginobili giocano delle Finali nettamente superiori a quelle precedenti e Kawhi Leonard si afferma ufficialmente come stella, vincendo il titolo di MVP delle Finals.

Quello che sarà degli Heat nei prossimi anni non ci è dato saperlo e si sa, il futuro è sempre imprevedibile.

La storia dei Miami Heat ce lo ha insegnato molto bene.