Pat Riley, Phil Jackson, Jerry Sloan, Don Nelson, Larry Brown, Lenny Wilkens, George Karl: in questo ristrettissimo ed ultraelitario salotto di allenatori NBA, riservato a coloro che hanno raggiunto le 1000 vittorie in carriera, si è seduto il 6 Aprile 2013 Richard Leonard Adelman, detto “Rick”, al termine della sua 22esima e penultima stagione. Proprio in compagnia di uno di questi (Pat Riley) Rick comincia la sua non lunghissima avventura di giocatore NBA draftato dagli allora San Diego Rockets nella stagione 1968-69, due anni prima del decisivo trasferimento a Portland. E’ a RIP City che Adelman vive le sue migliori stagioni in campo durante le quali, dalla posizione di Point Guard, mette in mostra le sue notevoli doti di leadership sui compagni (tra i quali un certo Geoff Petrie, che ritroveremo più avanti). Terminata la sua carriera tra Chicago e Kansas City, è sempre a Portland che, qualche anno più tardi, inizierà quella da allenatore NBA. Dapprima soffiando a George Karl il posto da primo assistente della leggenda Jack Ramsay e, in seguito, durante la stagione 88-89, subentrando a lui e a Mike Schuler come capo allenatore. Un giovane Adelman ai tempi di Portland I risultati sono da subito eccellenti: già durante l’annata 89-90 i Portland TrailBlazers, condotti da un superbo Clyde Drexler, vincono il titolo della Western Conference prima di cedere in finale per 4-1 contro i Detroit Pistons. Il progetto Blazers continua e, dopo aver ceduto ai Lakers in finale di Conference l’anno successivo, Drexler e compagni si ripresentano alle Finals ‘92 contro i Chicago Bulls. L’esito credo lo conosciate già: Michael Jordan non aveva gradito la scelta dei Blazers di preferirgli Sam Bowie al draft ’84 e con quasi 36 punti di media domina la serie e conquista il suo secondo anello, negando ancora una volta la gioia del titolo alla formazione allenata da Adelman. Dopo la conquista di due titoli di campioni dell’Ovest e altrettante sconfitte alle Finals il ciclo Blazers è terminato; nel ’93 e ’94 la squadra non va oltre il primo turno di playoff e, dopo tanti anni, il rapporto tra Adelman e i TrailBlazers si interrompe. La squadra viene affidata a PJ Carlesimo, mentre Coach Adelman, dopo un anno di pausa, trova un accordo con i Golden State Warriors dove resterà però soltanto due stagioni con risultati deludenti. Confermarsi, si sa, è sempre più difficile che affermarsi. Adelman necessita della giusta occasione nella giusta piazza e in suo puntuale soccorso arriva la telefonata dell’amico Geoff Petrie, ora Direttore delle Basketball Operations ai Sacramento Kings. Petrie, prima di raggiungere Adelman ai Blazers, aveva frequentatò la celebre università di Princeton dove era stato allenato da Pete Carril, una delle personalità più rilevanti ed incisive nello sviluppo della pallacanestro nella seconda metà del ‘900. Carril è infatti colui che ha perfezionato e meglio di tutti interpretato ed insegnato la celebre Princeton Offense, sistema di movimenti offensivi basato su 4 esterni e un solo lungo posizionato in post alto, con l’intento di liberare il maggior spazio possibile sotto canestro con continui ribaltamenti e tagli back door. Petrie convince Carril ad abbandonare l’NCAA e ad accettare il ruolo di assistente allenatore a Sacramento dove con Adelman riesce, partendo proprio dai principi della Princeton/Corner Offense, a forgiare una delle squadre più spettacolari dell’intera NBA moderna. I Sacramento Kings di Chris Webber, Vlade Divac, Peja Stojakovic, Jason Williams (poi Mike Bibby) e Doug Christie diventano in un paio d’anni quello che Sports Illustrated definì “The greatest show on court”.“Il Basket come dovrebbe essere giocato” (Sports Illustrated)[youtube http://www.youtube.com/watch?v=e9vvy9m84-U?rel=0&w=640&h=480] I Kings, dopo qualche anno di esperienza ai Playoff, coronano la loro miglior stagione nel 2001-02, chiudendo col miglior record assoluto (61-21). Ai Playoff superano facilmente Jazz e Mavericks ed approdano ad una finale di Conference contro i Lakers che raramente nella storia si è presentata così evidentemente come “finale anticipata”. Dopo essere stati in vantaggio per 3-2, i viola escono sconfitti per 4-3 da una delle più emozionanti e spettacolari serie di cui la nostra generazione sia testimone. Cosparsa di polemiche arbitrali, accuse alla Lega (rea di supportare, neanche troppo velatamente, i più mediaticamente attraenti Lakers) e con livelli di agonismo e colpi di scena ancora oggi impressi negli occhi di chi ha avuto la fortuna di assistervi, i dibatitti su Gara 6 e 7 non si arrestano e i rapporti tra LA e Sacramento sono ancora oggi molto tesi. Come avrete capito, tra le tante qualità di Rick Adelman non spicca la fortuna: l’anno seguente infatti, dopo una regular season chiusa secondi solamente ai San Antonio Spurs, Chris Webber si infortuna seriamente al ginocchio durante la serie di semifinale contro Dallas, poi persa 4-3. Il recupero procede con molte difficoltà senza mai concludersi appieno e la squadra, se la luce del suo faro non brilla a piena potenza, non riesce ad esprimersi come ci aveva abituato. E’ per questo che nel 2005 si procede alla trade di Webber ai 76ers e nel 2006 alla definitiva chiusura del ciclo Adelman, il quale termina ancora una volta la sua avventura su una panchina NBA senza raccogliere i successi che avrebbe probabilmente meritato. La ultime sfide per Coach Adelman si chiamano Houston Rockets e Minnesta Timberwolves: per i primi firma nella stagione 2007-08 e, così come poi a Minnesota, tenta di instaurare lo stesso sistema di Corner Offense sviluppato a Sacramento. Luis Scola è un lungo perfetto per il gioco di Adelman, Tracy McGrady e Yao Ming sono due campioni determinati a non concludere la carriera senza anelli, ma anche in Texas il nostro protagonista non riesce a raggiungere il traguardo finale, esprimendo un ottimo basket ma non superando le finali di Conference anche per colpa dei soliti maledetti infortuni a giocatori importanti nei momenti chiave. [youtube http://www.youtube.com/watch?v=dwhaW2nVVcg?rel=0&w=853&h=480] Anche a Minneapolis fallisce il tentativo di riportare il giovane gruppo dei Wolves ai playoff e al termine della stagione 2013-2014 Adelman decide di concludere la sua carriera di allenatore, uscendo di scena tra gli applausi dell’intero mondo del basket, tenendo per mano la moglie che lo ha silenziosamente accompagnato per tutti questi anni e ricevendo attestati di stima firmati da amici e rivali di 30 anni di storia NBA, nei quali sono arrivate le oltre 1000 vittorie in carriera. “Preferisco un generale fortunato a un generale capace” diceva Napoleone Bonaparte. Probabilmente un allenatore fortunato avrebbe, dopo una carriera come quella di Rick Adelman, almeno un paio di anelli NBA infilati sulle dita. Non sono stati molti però gli allenatori così capaci di incidere silenziosamente nella storia del gioco, influenzandone l’evoluzione e lo sviluppo. I principi offensivi portati in NBA da Adelman e Carril sono rintracciabili oggi in buona parte delle frachigie NBA e continueranno ad esserlo per molti anni: allenatori come Gregg Popovich, Erik Spoelstra, Tom Thibodeau e Mark Jackson non hanno mai negato di aver attinto a piene mani dai playbook di Adelman. Se non siete allenatori o appassionati in grado di distinguere un set offensivo, provate semplicemente a silenziare la telecronaca durante una partita: più volte vi capiterà di sentire un playmaker o un coach urlare “Corner!” o addirittura “Sacramento!”, allora vi sarà chiaro quale sia stato l’impatto di Richard Leonard Adelman nella storia di questo gioco che tanto ci piace. Quest’oggi, 16 Giugno 2014, il nostro coach compie 68 anni. I nostri auguri li vogliamo fare riportando le parole che coach Gregg Popovich, fresco vincitore del suo quinto titolo NBA, gli ha dedicato il giorno in cui ha annunciato il suo ritiro, splendido elogio della sua genialità: “He’s been what I call a lifer. He’s been in several different programs, made them all better, done a heck of a job wherever he’s gone. He has always been underrated and has been a guy that players have really enjoyed playing for. That’s who he is. I’ve stolen from him, very honestly.” Coach Adelman festeggiato dai suoi ragazzi a Sacramento