Partiamo da un presupposto che credo – e spero – sia difficile da mettere in discussione: essere il proprietario o presidente di una società di pallacanestro non è né un obbligo a cui si viene sottoposti da un medico, né tantomeno un lavoro nel senso più classico del termine.
Dunque le motivazioni che spingono Tizio, Caio o Sempronio sono facilmente rintracciabili nella passione o nella convenienza. E sia chiaro, non c’è nulla di male.
Il male viene quando in nome della passione o della convenienza si oltrepassano le regole, si stravolgono le norme, si fanno “le umane e divine cose” come direbbe il commissario Montalbano per portare avanti dei progetti che in partenza si sa che non avranno futuro.
Mi riferisco a tutte quelle società, di qualunque serie, che a settembre o meglio ad agosto, convocano conferenze stampa trionfali, chiedono ai tifosi un sacrificio per l’abbonamento, garantendo un campionato dal massimo impegno e spesso si lanciano anche in pronostici del tutto inappropriati. Salvo poi trovarsi già a Natale con le casse vuote, con due o tre mesi di stipendi arretrati e con la prospettiva di chiudere baracca e burattini prima del tempo. Una specie di regalo al contrario. Perché poi queste cose, per quanto queste società “disattente” o malandrine cerchino di tenerle nascoste, vengono fuori immediatamente.
Dopo di che si determina una situazione nella quale un americano scappa improvvisamente e gli viene addossata la colpa della fuga bollandolo con un “inspiegabile”; allenamenti con metà della rosa perché alcuni giocatori non vogliono stare in campo se non vengono pagati; partite che francamente tutto sembrano tranne che regolari, per non parlare di campionati interi che andrebbero messi in dubbio. Perché non è giusto non pagare gli stipendi: si è firmato un contratto e piaccia o meno, va rispettato. So di dire una cosa banale ma se non si possono fare certe promesse economiche non si fa una squadra di un certo tipo.
Negli ultimi anni sappiamo bene come società che sembravano incrollabili hanno invece avuto problemi a volte anche drammatici, in senso sportivo ovviamente: la Scavolini Pesaro, la Fortitudo Bologna, la Virtus Bologna, la SS Basket Napoli, Roseto, Ferrara e Rieti solo per citare alcune delle più famose ed importanti. Quindi perché continuare in questo imbroglio? Perché dobbiamo sapere a metà campionato che una società in riva all’Adriatico ha finito i soldi ed interrogarci su quale sarà il comportamento dei giocatori e dell’allenatore fino al termine della stagione?
Perché dopo anni in cui abbiamo ammirato ed additato ad esempio una società della Toscana, dobbiamo scoprire oggi che forse ci sono stati degli impicci clamorosi che coinvolgono anche i giocatori? Perché qualche anno fa siamo stati costretti, e ci mancava altro, a battere le mani ai giocatori di Rieti ed a Lino Lardo, l’allenatore, che fino all’ultima giornata hanno giocato al massimo delle loro possibilità nonostante fossero mesi che non vedevano un euro?
Tutto questo non va bene soprattutto perché la nostra pallacanestro per anni si è vantata di essere uno sport pulito, dove i controlli erano rigorosi, dove ci si poteva iscrivere ai campionati solo se assolutamente in regola. In Federazione redo che l’ufficio che si occupa dei lodi arbitrali siano stracolmo di lavoro. Federazione e Covisoc hanno certamente intensificato la loro azione ispettiva e preventiva, ma non è bastato. E se tutto questo accade in serie A, non sto a scrivere di quello che capita nei cosiddetti campionati “minori”. Tanto che nelle ultime due stagioni è stato molto faticoso non solo formare gironi tutti uguali, ma addirittura formare dei gironi! Perché poi più si scende di categoria e meno frequenti, se non inesistenti, sono le verifiche, le sanzioni e le società spariscono con la velocità della luce.
Allora basta con questa manfrina: la pallacanestro oggi ha raggiunto dei costi che sono sempre meno sostenibili dalla maggior parte delle società che sono le prime responsabili di questa situazione: comunitari inutili, stranieri strapagati e sopravvalutati, incapacità gestionale, ecc.ecc.. L’esempio della Benetton Treviso sarebbe dovuto valere da esempio ed invece…Eppure lì le cose erano state fatte bene a quanto sappiamo.
A metà giugno dovremmo avere il nuovo presidente della Lega. Invece di continuare a chiedere, anzi a pretendere, maggiore autonomia ed altre sciocchezze, la speranza che venga eletta una persona veramente rappresentativa della volontà dei presidenti/proprietari di mettersi a fare le cose come si deve. Altrimenti facessero una Lega superprivata con o senza regole e si giochino il loro torneo fra “ricchi scemi” come disse Gianni Brera anni fa dei presidenti del calcio. Però poi silenzio assoluto : nessuna lamentela, nessuna richiesta di aiuto, nessuna richiesta di agevolazioni dai comuni o dalle società proprietarie degli impianti di gioco.
Dicono che un nome papabile sia quello del presidente della Pallacanestro Reggiana, Landi. Se tutto il mondo della pallacanestro italiana lo dovesse mettere nelle condizioni di amministrare e gestire la Lega come ha gestito la società in questi ultimi anni, ben venga. Altrimenti meglio – per lui naturalmente – che rinunci anche solo a candidarsi.