Harlem Globetrotters.
Fila Biella.
MVP di Eurolega.
Si ragazzi, avete capito bene. Stiamo parlando di Joseph Blair, per gli amici Joe.
Joe Blair nasce ad Akron, Ohio (se siete appassionati di basket dovreste conoscere questo posto, no?) il 12 Giugno del 1974. Alto due metri e dieci centimetri, con un fisico da atleta, dopo gli anni passati alla C.E. King High School viene notato e successivamente corteggiato dai molti dei migliori college del paese. Tra i tanti scegli Tucson, e più precisamente gli Arizona Wildcats, dove rimane i canonici 4 anni senza però far innamorare GM e allenatori NBA. Viene infatti scelto solo al secondo giro del draft 1996 con il numero 35 dai Seattle Supersonics che, però, non gli danno fiducia. E’ costretto quindi a ripiegare sulla Francia, e in particolare sul Pau-Orthez dove, ventitreenne, Blair inizia la sua carriera da giramondo. Una stagione non male oltralpe e poi arriva una chiamata che nessun giocatore di pallacanestro, specie con una voglia innata di divertirsi (come quella di Joe) può rifiutare: sono gli Harlem Globetrotters, la famosissima squadra che combina comicità e atletismo portando spettacolo e divertimento in tutto il mondo. Non sarà l’ultima esperienza per lui, poiché tornerà, nel mezzo della sua avventura europea, con la maglia bianco/rossa/blu anche nel 2000. Gli Harlem Globetrotters bene, eh, ci si diverte, si ride e si fa ridere la gente, ma Joe ha bisogno dell’agonismo che solo la vera pallacanestro può dargli. Ecco quindi che arriva in Italia, nella stagione ’98-’99 a Biella, in serie A2. E’ una stagione fantastica per la squadra Piemontese: Blair e Nate Erdmann trascinano la Fila in finale promozione, che dove però vengono sconfitti da una super Viola Reggio Calabria e da un ragazzino Argentino di Bahia Blanca. Dovreste conoscerlo, no?
Blair ci mette poco a conquistare il pubblico Biellese, grazie alla sua contagiosa simpatia e alla sua capacità di schiacciare e fare numeri sopra al ferro. Unico neo le disastrose percentuali ai tiri liberi, ma sappiamo benissimo che molti lunghi dominanti, nella storia della pallacanestro, avevano percentuali non proprio esaltanti dalla lunetta.
A proposito di numeri: 17,5 punti e 12 rimbalzi di media, non male per uno che l’anno prima giocava in una dove l’agonismo non era, diciamo, sempre al massimo.
La voglia di tornare a vivere e giocare in modo bizzarro, però, rimane ed ecco che Joe, nel 2000 torna per qualche partita con la squadra dei Globetrotters. Dura poco, però, perché viene chiamato dal Paok Salonicco che si ricorda di quanto bene aveva fatto a Biella prima e Pesaro dopo.
Ed è proprio la Scavolini che, nell’estate 2001, con delle velleità e degli obiettivi diversi rispetto a due stagioni prima richiama Joe: c’è infatti da giocare l’Eurolega e Pesaro vuole un giocatore sotto canestro di sicura affidabilità. E Blair non si smentisce: contagia, ancora, tutto il pubblico Pesarese, di cui manco a dirlo diventa di nuovo l’idolo, oltre a fornire la classica solidità in termini di punti e rimbalzi, oltre alla leadership in spogliatoio e in campo. Proprio in questa stagione arriva il primo riconoscimento, ovvero l’inclusione nel secondo miglior quintetto dell’Eurolega.
Blair è oramai un giocatore affermato che fa gola a moltissime squadre di prima fascia In Europa. La stagione successiva passa in Turchia, dove l’Ulker vuole tornare grande sia in patria sia a livello continentale. Qui vince, a livello di squadra, per due volte la coppa di Turchia, ma la soddisfazione più grande è a livello personale, dove viene premiato, al termine della stagione 2002/2003 come MVP dell’Eurolega.
Nell’estate del 2004 Giorgio Armani sbarca a Milano, cestisticamente parlando, e Blair è il colpo di maggior effetto del mercato milanese. Con il solito apporto Joe porta la gloriosa squadra lombarda in finale scudetto dove, però deve soccombere alla Fortitudo e a Ruben Douglas, che mette uno dei tiri che non possiamo che definire “storici” nella storia del campionato Italiano.
A Milano rimane tre stagioni diventando anche qui l’idolo della tifoseria. Al termine della stagione 2007 prova a strappare, senza successo, un contratto con i Chicago Bulls: probabilmente è proprio quello del mancato approdo in NBA il più grande rimpianto della carriera di Blair. Carriera che si chiude al termine della stagione 2008/2009, dopo un paio di anni senza acuti in Russia.
Oggi Joe Blair si occupa della sua fondazione, la Blair Charity Group che aiuta le persone meno fortunate e, manco a dirlo, oltretutto, insegna i valori che lui ha sempre imparato sul campo e nella vita. Ovviamente la fondazione dispone di un buon numero di campetti, dove sia i bambini sia gli adulti possono giocare e lasciar per qualche momento da parte i propri problemi.
Joe Blair rimarrà nei nostri ricordi come un giocatore solido e di sicuro affidamento, capace di sporcarsi i gomiti quando serve ma allo stesso tempo di divertirsi e divertire il pubblico. Non esiste un posto dove abbia giocato e dove non abbia lasciato un buon, anzi ottimo ricordo, anche se gli anni passati oramai non sono pochissimi.
Se non ci credete, chiedete pure agli amici di Biella. E non solo a loro.