ESCLUSIVA BASKETINSIDE – I Signori della Serie A2: Michele Maggioli

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I Signori della Serie A2! I Signori della Serie A2? Che dire? La seconda lega nazionale di pallacanestro maschile che quest’anno presenterà ai nastri di partenza ben 32 squadre raggruppate in due gironi (Est e Ovest.. qualcuno sussurra di spiegarlo a Salvini che non comprenderebbe la comunque felice intuizione della Lega Nazionale Pallacanestro che ha voluto fortemente tenere unita la nostra nazione della palla a spicchi!) sarà un evento storico ma soprattutto tanta roba con nobili “decadute” anzi, meglio dire, felicemente “resuscitate” e che doneranno al nostro ambiente il dovuto fascino e quell’attenzione che la nostra “pallacanestro tricolore” merita da Basovizza a Lampedusa! Ci saranno Mens Sana Siena, Treviso, la Effe di Basket City, Virtus Roma, la mitica Viola Reggio Calabria e poi Rieti, Roseto, Verona, Trieste, Biella. Insomma tanti scudetti e tanta storia da piano di sopra nei 32 parquet dello stivale! E tanti saranno i giocatori, i campioni che daranno lustro e prestigio al campionato. Cosicché, nei limiti delle nostre possibilità, la redazione ha sentito l’esigenza di regalare al lettore un momento o un’occasione per conoscere più adeguatamente ma soprattutto presentare al meglio codesti “gioielli” della “Serie A – Atto Secondo”. E inauguriamo o battezziamo la nostra rubrica presentando o meglio scavando dentro un personaggio che ha fatto e, siamo sicuri, farà ancora la storia di questa meravigliosa lega, Michele Maggioli per tutti il “Maggio” o “Maggiolone”! Giocatore “sopra le righe” nel vero senso della parola con i suoi 212 cm. tutti ben assortiti con generosità, classe, talento e personalità qualità che candidano il “Maggio” come il “padrino” della Serie A2! Personaggio generoso e disponibile cattura l’attenzione di chi scrive soprattutto per la sua umiltà ed al contempo entusiasmo nell’essere intervistato come se fosse uno “juniores” al primo campionato professionistico. E’ questo Michele Maggioli! Iniziamo dalla tua nuova squadra, Imola. Ci spieghi i motivi della tua scelta? “Vai iniziamo.. Perché Imola? Semplice.. Ho da subito percepito il desiderio forte da parte loro di avermi e questo ha fatto la differenza. Mi ha chiamato coach Ticchi e anche lui mi ha trasmesso tanta carica, competenza e chiarezza tecnica. Non nego che per i miei requisiti caratteriali e tecnici questa è una cosa fondamentale. Non sono sicuramente un giocatore che sta bene in qualsiasi contesto, posso adattarmi e negli anni l’ho fatto spesso, ma non sono uno che dove lo metti sta. Anche per una questione di stazza fisica posso avere un grande potenziale ma anche evidenti limiti. Anche da un punto di vista caratteriale sono uno che ha bisogno di sentirsi importante e coinvolto per riuscire a dare qual qualcosa in più che spesso è stato il mio valore aggiunto. Nella mia carriera questo è stato uno dei miei più grandi limiti e uno dei miei più grandi pregi, dipende dai punti di vista”. Ripercorriamo la tua carriera. Pesaro (la tua città): dapprima settore giovanile, poi dal ’94 al ’99 e atto secondo dal 2000 al 2002; Avellino atto primo (’99-’00) con la promozione in serie A proprio ai danni della “tua” Jesi e poi atto secondo (’03-04) via Siena; Siena (mezza stagione ’02/’03) completando la stagione a Reggio Emilia con la sconfitta, stavolta, in semifinale contro Jesi; Jesi atto primo dal 2004 al 2009 con il primo anno di serie A1 notevole (7.6 punti+5.6 rimbalzi); Parentesi Virtus Bologna in serie A 2009/2010; Poi Jesi atto secondo fino ai giorni nostri. Qui parliamo del giurassico. Pesaro è stata la mia casa, la mia famiglia da ragazzino. Il loro settore giovanile era di altissimo livello e oltre a curare molto l’aspetto tecnico e fisico i ragazzi erano seguiti anche da un punto di vista della crescita personale e da formatori davvero preparati. Andavi male a scuola? Stavi a casa fino a quando non recuperavi le materia incriminate! Facevi il coglione in giro? Stavi a casa qualche settimana così capivi che con quel nome sulla maglia si doveva fare i seri! Orecchini, sigarette, tatuaggi, capelli lunghi? Stavi a casa un’altra volta! Il sistema e il rispetto di esso era la priorità e anche io, come altri ragazzi futuribili al tempo, dovevamo giustamente stare nel sistema. Questo genere di percorso ti forma per la vita. Non so come si lavora oggi nei settori giovanili, non so se è più così. A 17 anni il mio esordio con coach Bianchini. Difficile spiegare a parole l’emozione di quel momento, anzi impossibile. Solo chi l’ha provato può capire. La mia fortuna è stata quella di avere come compagni di squadra giocatori e persone di elevato spessore come Walter Magnifico e Ario Costa che oltre a dedicarmi del tempo sul campo mi seguivano fuori. Loro sono stati i miei modelli e ancora oggi ho tanta stima e riconoscenza. Spero possano essere un pò fieri di me perché la carriera che ho fatto è anche merito loro! Dule Vujosevic è stato il mio primo coach da professionista. Ero molto giovane e non ci ho capito tanto di quella stagione. Retrocedemmo all’ultima giornata purtroppo ma ho un bel ricordo di Dule. A parte i ‘culi’ stratosferici che ci faceva il giovedì.. (lo ricorderò sempre, ho rischiato spesso di vomitare) devo tanto a lui perché a fine stagione e senza nessuno credo che glielo avesse chiesto, lavorò con me individualmente sul tiro aggiustandomi diciamo la mira e correggendomi i vari difetti che mi portavo dietro da anni. Il più bravo allenatore in assoluto ad insegnare i fondamentali. L’anno dopo in A2 con Giancarlo Sacco a cui riconosco il merito di aver avuto il coraggio di farmi partire spesso in quintetto. Stagione strana, eravamo la squadra da battere e in effetti ci hanno battuto spesso. La Pesaro degli anni 2000/01/02 fu secondo me una delle migliori squadre mai avute. Primo anno secondi in regular season e finale di coppa Italia contro la Virtus ‘invincibile’ del triplete. Secondo anno meno bene ma comunque sussulti importanti in Eurolega. Io alternavo partite incredibili come contro al Maccabi di Nate Huffman ad altre da vietate ai minori di 18 anni che mi costringevano a schivare le ‘Madonne’ dei pesaresi giustamente avvelenati per quegli sbalzi di rendimenti che però a 23 anni potevano essere abbastanza comprensibili o quantomeno giustificabili! Il contro di una città come Pesaro che ama e vive la pallacanestro come in poche altre piazze in Italia. Avellino atto primo e secondo. Beh per raccontare della promozione di Avellino ci vorrebbe un libro. Un’annata magica, si incastrò tutto alla perfezione! La squadra giusta, con il coach giusto, nella città giusta, nel momento giusto! Fu l’apoteosi della goduria sportiva per un atleta. Giovane, 22 anni, prima esperienza lontano da casa, in quel sistema giocavo da Dio con Mastroianni che mi serviva certi cioccolatini che dovevo solo appoggiare al tabellone. A novembre in Nazionale e All Star Game. MVP italiano, MVP dei play-off, miglior under 22 e Most Improved Player. Promozione con un tiro allo scadere di quel pazzo di Capone! Doveva andare così, era scritto da qualche parte! Cosa potevo avere di più? Per forza di cose Avellino atto secondo non poteva andare meglio. Era impossibile! Fu comunque un’ottima stagione a mio giudizio. Dovevamo salvarci e ci salvammo. Conobbi Zare Markosky che per me è una delle persone migliori incontrate in questo ambiente. Non facile per un lungo con le mie caratteristiche giocare nel suo sistema ma fu un’occasione per crescere come giocatore e come uomo con lui come maestro di vita e ogni allenamento era una bella un’esperienza. Poi quell’anno gli italiani eravamo io, Maurizio Ferrara e Larry Middleton quindi fui costretto ad imparare l’inglese e Nate Green mi aiutò un sacco.  Difficile commentare la stagione di Siena. Avevo tante aspettative e sicuramente anche loro che mi avevano preso, ma venivo da un intervento in artroscopia al ginocchio e semplicemente non ero pronto fisicamente per quel livello. Verso febbraio cominciai a sentirmi meglio ma ero ormai fuori dalle rotazioni quindi pensai che provare a finire la stagione giocando fosse la cosa migliore. Andai a Reggio ma in quei due mesi non riuscii a dare quel contributo che avrei voluto dare. Capitolo Jesi. Qui altro che libro! Ci vorrebbe un’enciclopedia!!! Sono stati i migliori anni della mia carriera. Sia come qualità del gioco espresso che come qualità di vita. Ho incontrato persone speciali e stagione dopo stagione è cresciuto in me un senso di appartenenza per quei colori che tante sirene tra A1 e A2 non hanno mai messo in discussione. Alla fine del quinto anno però vissi un fase della mia vita professionale e personale molto delicata e sentii la necessità di trovare nuovi stimoli e di provare a rimettermi di nuovo in discussione. Andai a Bologna e fu di sicuro un anno non facile ma incontrai, in quella esperienza, tante persone di valore che arricchirono la mia vita e che ancora oggi porto nel cuore. Società seria e organizzata, squadra di ragazzi in gamba e coach Lardo che in tanti momenti ha mostrato una disponibilità nei miei confronti non comune. Stagione in cui imparai tanto e sarei rimasto volentieri anche l’anno successivo se da Jesi non mi avessero proposto di ritornare con un progetto ambizioso di tre anni.  Progetto che però a causa della crisi durò solo di un anno. Nelle quattro stagioni successive il budget scese gradualmente ogni anno come gli obbiettivi da raggiungere e cercare di salvarsi, allestendo buone squadre nonostante le poche risorse, divenne la priorità.  Peccato solo per quella finale di Coppa Italia persa di 3 contro Brindisi nel 2012. Ritengo che sarebbero cambiate molte cose per noi con quella vittoria, per il finale di stagione e a livello societario. Arriviamo ai giorni nostri e questa è storia contemporanea. Nella mia testa c’era l’idea di chiudere la mia carriera a Jesi come pensavo fosse giusto ma probabilmente ero solo io a pensare questo. Non mi è stato proposto nulla, anzi, sono stato io che dopo settimane di silenzio ho bussato alla porta per sapere che intenzioni avevano e con la promessa di una proposta di rinnovo che non è mai arrivata sono passate ancora altre settimane. Alla fine dopo altre pressioni hanno trovato il coraggio di dirmi che non rientravo più nei loro piani. Pazienza, i modi e i tempi mi hanno lasciato un po’ basito ma pazienza. Come due fidanzati di lungo corso capita che ci si dia per scontato e si vedano solo i difetti l’uno dell’altro. Forse tra me è l’Aurora in questo ultimo periodo era così. Rimango legato all’ambiente, ovvio, ma allo stesso tempo questa nuova avventura a Imola era proprio ciò di cui che avevo bisogno per ritrovare nuovi stimoli. Non vedo l’ora di iniziare!”. Maggioli in Nazionale: i tuoi ricordi, l’emozione nel vestire la maglia azzurra? “La Nazionale è la Nazionale per tutti. Quando sei li schierato in fila a centro campo con quella maglia e suona l’inno d’Italia non puoi non emozionarti. Impossibile! Ho il rammarico di non aver mai disputato una competizione ufficiale ma è anche vero che me la giocavo con giocatori del calibro di Marconato, Chiacig, Damiao, Galanda, Fucka e non era così semplice”. Come la vedi la nostra attuale Nazionale?Ho scritto un post su Facebook qualche giorno fa. Secondo me siamo forti forti, se non sarà quest’anno prima o poi questa Nazionale ci darà della belle soddisfazioni perché le qualità sono evidenti e innegabili. Il percorso di crescita intrapreso con coach Pianigiani sono sicuro che a breve darà i suoi frutti!”. Il tuo compagno preferito (quello con cui hai legato di più nell’arco della carriera)? “Mi sembra scontato dire ‘Lupo’ Alberto Rossini. Per me un fratello maggiore anche se lui è un ‘bastardo’ che non chiama mai e non risponde ai messaggi se non quando ha bisogno! Scrivilo pure.. Anche Cantarello confermerà!”. Il giocatore più forte con cui hai giocato? “Beh! Se considero la Nazionale c’è l’imbarazzo della scelta. Da Myers a Meneghin, Baso, Pittis. Nel club dico Mario Boni. Idolo indiscusso per me. Mai visto uno fare canestro con quella facilità e costanza e inoltre ha una personalità vulcanica che conquista chiunque!”. Il giocatore più forte contro cui hai giocato? Sono tanti i giocatori forti contro cui ho giocato. Ho fronteggiato anche Dino Radja l’ultimo anno di carriera a Zagabria ma io dico Nate Huffman del Maccabi Tel Aviv che vinse la Suprolegue nei 2001 perché lui era nel pieno della sua carriera e il gioco che esprimeva era di altissimo livello in Europa in quel momento”. Il tuo coach preferito? Quello con cui hai legato di più e che ti ha dato di più? “Tutti i coach che ho avuto mi hanno insegnato qualcosa, anche quelli con cui mi sono trovato male perché quando le cose non vanno si è sempre in due e questo mi ha permesso di mettermi in discussione e crescere. Principalmente sono due i coach che hanno un posto speciale nel mio cuore. Luca Dalmonte che ad Avellino mi fece fare un salto di qualità incredibile e che probabilmente avrebbe finito il lavoro anche l’anno dopo in A1 se non fossi tornato a Pesaro. Poi Andrea Capobianco con cui tuttora mi sento spesso e che è diventato per me negli anni un’àncora positiva nei momenti difficili. Lui mi ha riscoperto alla soglia dei 30 anni e mi ha portato ad un livello di gioco altissimo. Giocare con lui per me in quelle stagioni era facile, divertente e si sono visti i risultati ottimi sia personali che di squadra”. Quando entri in un negozio, in un bar o semplicemente camminando per la strada cosa si prova a vedere il mondo dall’alto? Insomma il tuo rapporto con i tuoi 212 cm.? “Per fortuna sono una persona estroversa e non ho mai avuto problemi. Certo è che se sono in una ‘giornata no’ evito di andare nei posti troppo affollati tipo feste di paese, sagre, fiere perché in quelle situazioni le probabilità che mi si chiuda la vena per battute inopportune sono molto alte”. La tua prima fidanzata quanto era alta? A tal proposito la tua altezza era un problema o un vantaggio per “attraccare”? La mia prima fidanzata a 17 anni era alta 1.58 m eravamo buffi insieme. Per la seconda parte della domanda ti dico solo che Mario Boni mi aveva soprannominato “lo scacciafighe!!!“. Il tuo rapporto con i social networks? “Li uso ma non troppo e se scrivo cerco sempre di scrivere cose positive, belle, divertenti o di informare per cose che riguardano me e il mio lavoro. Vedo troppe frustrazioni, sfoghi, lamentele sui social in questo momento e questo è un po’ la fotografia del periodo che stiamo vivendo. Invertiamo la tendenza!”. Il tuo tempo libero? Con mio figlio Matteo. Ci divertiamo un sacco insieme!”. Il tuo valore della famiglia? “Io ho una famiglia ‘moderna’ ma purtroppo anche atipica perché andiamo tutti d’accordo e ci amiamo e questo dovrebbe essere la normalità e invece non lo è. La famiglia spesso non vive tutta sotto lo stesso tetto, l’importante è che viva dentro lo stesso cuore. (Cit-Michele Maggioli) occhio che voglio i diritti!”. Qual è la tua testata online preferita, se le segui? Ovviamente se la risposta non coincide con Basketinside possiamo definire nulla questa intervista… “Ovviamente Basketinside!!! Ma ogni tanto butto l’occhio anche su Sportando e Basketnet”. (Evviva la sincerità, almeno si spera, ndr…) Il Palasport che ti ha fatto più paura? “O.A.K.A. di Atene vs Panathinaikos. 10.000 inferociti e fumati fino al midollo!”. Concludiamo chiedendoti qual è il tuo sport preferito… ahaha scommettiamo il calcio o il curling!? E ci zittisce ‘Maggio’: Mi piace molto il motociclismo (la terra di provenienza del Dottore in giallo col 46 è quella, ndr!) e poi sono costretto a guardare il volley femminile altrimenti rischio il divorzio!”. E ci saluta così il grande Michele Maggioli che si scusa sulla “lungaggine” relativa alla risposta della carriera tuttavia giustificandosi, con un pizzico di malinconia ma altrettanta soddisfazione, che è da 20 anni che pesta i parquet!! E per noi appassionati è stato e sarà sempre un bel momento ammirare le gesta di un lungo con tiro dal post basso o post alto in arretramento che oggi non ha eguali in questa lega! Ma tante, tante altre cose per le quali la carriera di Michele Maggioli meriterebbe un libro o un enciclopedia, come egli stesso definisce, con la copertina arancione e tanti spicchi!