Nella pallacanestro, certe volte si vince perché la propria squadra è semplicemente più forte di quella avversaria. Altre volte si vince per la mentalità, oppure per le condizioni fisiche, o per la bravura dell’allenatore; oggi voglio parlare di una famosissima strategia inventata proprio per chi le partite non riesce a vincerle con il talento, e quindi si ingegna: la difesa a zona.
Questa tattica, inventata da Frank Lindley, coach di High School tra il 1914 e il 1945, ha uno scopo ben preciso: se non si può fermare un giocatore avversario nell’1 contro 1, allora bisogna fermarlo tutti insieme. Una difesa che serve quindi nel momento in cui gli avversari sono più forti presi singolarmente, e l’unico modo per arginare il loro attacco è di creare una rete di difensori che non permetta loro di muoversi in libertà.
Ci sono varie correnti di pensiero a riguardo: c’è chi considera la difesa a zona come una soluzione momentanea, per mettere in difficoltà l’avversario in un suo momento favorevole o per dargli il colpo di grazia quando è in difficoltà. Altri invece la adottano per tutto il tempo, costringendo così gli avversari ad uno sforzo, soprattutto mentale, che non tutte le squadre sono in grado di reggere, in particolare a livello giovanile (anche se, per quanto mi riguarda, costringere un gruppo di ragazzi a difendere sempre a zona equivale a snaturarli e renderli incapaci di difendere a uomo, ndr).
Dovendo difendere, invece che un uomo ben preciso, una determinata parte di campo, c’è la possibilità di creare più tipologie di difesa a zona, che differiscono per il posizionamento sul parquet: ora andrò a spiegarvi le più utilizzate.
– 2-3: di certo la più comune. Due giocatori all’altezza dei gomiti alti pronti ad uscire sulle guardie con la palla, un uomo a centro area e due laterali che si occupano sia della zona del post basso che degli angoli. Un allenatore famoso per questa particolare zona è certamente Jim Boeheim, coach dei Syracuse Orange e assistente della nazionale USA. Nei suoi più di 30 anni di carriera, infatti, la difesa 2-3 è diventata il suo marchio di fabbrica, che l’ha portato a molti successi e riconoscimenti, sia di squadra che individuali;
– 3-2: usata principalmente a livello giovanile, prevede tre giocatori a marcare il perimetro e due in post basso a coprire l’area. Viene usata quando si dispone di un roster poco dotato fisicamente, ma ha una grande pecca: il centro dell’area è praticamente scoperto, e questo è il motivo per cui a livello senior la si vede usare molto poco;
– 1-3-1: considerata un’invenzione italiana, non fu in realtà inventata qui da noi. Di certo però uno dei più famosi esempi di questa strategia fu sviluppato in Italia, per la precisione a Milano, da Dan Peterson, che negli anni Ottanta sfruttò la copertura completa del campo che la difesa 1-3-1 offre per vincere con l’Olimpia 5 Campionati italiani, 1 Coppa dei Campioni, 3 Coppa Italia e 1 Coppa Korac. Lo schieramento è formato da un giocatore in punta, una linea centrale composta da due uomini laterali e uno a centro area, e un ultimo difensore schierato sotto canestro.
Oltre a queste, esistono anche altre tipologie di difesa a zona, cosiddette “ibride”: la zona Box-and-one, ad esempio, prevede che uno dei cinque difensori marchi a uomo l’avversario più forte; la Triangle-and-two prevede invece tre giocatori a zona e due a uomo.
In conclusione, questa tattica cambiò e tuttora continua a cambiare la pallacanestro, rendendola uno sport ancora più imprevedibile di quanto già sia di per sé, ma una cosa è certa: che si difenda a zona oppure a uomo, solo dando il 110% sul campo si può pensare di vincere le partite.